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giovedì 3 dicembre 2020

Agenzia Fides 3 dicembre 2020

 

VATICANO - Festa di San Francesco Saverio: “Moltissimi non si fanno cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani”
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) - La Chiesa e il mondo missionario festeggiano oggi, 3 dicembre, San Francesco Saverio (Javier 1506 – isola di Sancian 1552), tra i primi discepoli di Sant’Ignazio di Loyola, che fece parte del nucleo di fondazione della Compagnia di Gesù. Vissuto appena 46 anni e 8 mesi, compì in poco più di 10 anni un lavoro missionario incredibile, portando il Vangelo a contatto con le grandi culture orientali, adattandolo all'indole delle varie popolazioni. Nei suoi viaggi missionari toccò l'India e il Giappone, morì mentre si accingeva a diffondere il messaggio di Cristo in Cina.
Per il suo ardore missionario nel 1748 venne dichiarato Patrono dell’Oriente, nel 1904 della Pontificia Opera della Propagazione della Fede e nel 1927 di tutte le missioni, insieme a Santa Teresa di Gesù Bambino. Numerosi sono gli istituti missionari, maschili e femminili, che lo hanno scelto come modello di vita e di apostolato, come anche i seminari, gli istituti e le associazioni a lui intitolate.
Francesco Saverio è detto anche “il San Paolo delle Indie”, in quanto la sua opera missionaria fu decisiva per lo sviluppo del cristianesimo in Asia meridionale. Nella prima Lettera ai Corinzi l’Apostolo Paolo affermava “Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere, guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1Cor 9,16). Francesco Saverio ha fatto suo l’anelito di Paolo, e lo stesso grido è risuonato con vigore dalla bocca del Papa Giovanni Paolo II, all’inizio della sua Enciclica Redemptoris Missio. Dopo duemila anni di cristianesimo è ancora quel grido che Papa Francesco oggi rilancia con rinnovata attualità ed urgenza, nella Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, chiamando tutti i battezzati a prendere coscienza di essere “discepoli missionari”.
Nel suo breve ma intenso decennio di impegno missionario, San Francesco Saverio non si risparmiò, come racconta nelle sue Lettere a sant'Ignazio: “Talmente grande è la moltitudine dei convertiti che sovente le braccia mi dolgono tanto hanno battezzato e non ho più voce e forza di ripetere il Credo e i comandamenti nella loro lingua”. Nonostante questi risultati, che si potrebbero ritenere umanamente positivi e gratificanti, il suo cruccio era che “Moltissimi, in questi luoghi, non si fanno ora cristiani solamente perché manca chi li faccia cristiani”. Anche qui possiamo leggere un riverbero dell’Apostolo Paolo: “Ma come potranno invocare il Signore, se non hanno creduto? E come potranno credere in lui, se non ne hanno sentito parlare? E come ne sentiranno parlare, se nessuno lo annunzia? E chi lo annunzierà, se nessuno è inviato a questo scopo?” (Rm 10,14-15).
In questi giorni di dicembre dell’anno 1927, sotto la protezione di San Francesco Saverio, venivano pubblicati i primi dispacci della neonata “Agenzia Fides”, voluta dal Consiglio Superiore Generale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, che si poneva a servizio della missione attraverso l’informazione, perché il popolo di Dio potesse conoscere la situazione delle missioni e gli argomenti religiosi e sociali delle missioni stesse.
Più di trent’anni dopo, il Concilio Vaticano II riconosceva il contributo dei mezzi di comunicazione sociale “a estendere e a consolidare il Regno di Dio” (Inter mirifica, 2). “Perché tutti e singoli i fedeli conoscano adeguatamente la condizione attuale della Chiesa nel mondo e giunga loro la voce delle moltitudini che gridano: «Aiutateci», bisogna offrir loro dei ragguagli di carattere missionario con l'ausilio anche dei mezzi di comunicazione sociale: sentiranno così come cosa propria l'attività missionaria, apriranno il cuore di fronte alle necessità tanto vaste e profonde degli uomini e potranno venir loro in aiuto. È necessario altresì coordinare queste notizie e cooperare con gli organismi nazionali e internazionali” (Ad Gentes, 36). In occasione dei 50 anni dell’Agenzia Fides, il 3 dicembre 1977, l’allora Prefetto di Propaganda Fide, il Card. Agnelo Rossi, rilevava: “La Fides è stata senza dubbio l’organo di stampa che ha reso il più vasto e qualificato servizio missionario di informazione e di animazione per tutta la Chiesa”.
Ai nostri giorni un impressionante volume di informazioni rimbalza senza sosta da una parte all’altra dei cinque continenti, e tutte vengono bruciate rapidamente. I rischi sono tanti, come la progressiva incapacità di approfondimento di temi e situazioni, aspetto particolarmente rilevante per il mondo missionario, o la realtà di tanti popoli tagliati fuori dal circuito informativo per motivi che a noi appaiono quasi banali, come la mancanza di energia elettrica. Nel panorama delle sfide poste oggi al mondo dei media, e in particolare a quelli che si dedicano alla causa dell’annuncio del Vangelo e non alla vendita di prodotti commerciali, l’Agenzia Fides intende continuare a raccontare la vita delle missioni e di quanti annunciano Gesù Cristo, perché non manchino i missionari e il sostegno alle missioni, nella consapevolezza che “la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia”. (EG1). (SL) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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EUROPA/SPAGNA - Avviati i rimpatri dalle isole Canarie di chi non ha diritto alla protezione internazionale
 
Ceuta (Agenzia Fides) –"Sono ripresi i rimpatri dei marocchini dalle Isole Canarie" hanno assicurato ieri, 2 dicembre, al giornale El Espanol, fonti della polizia, senza specificare il numero dei rimpatriati. Si confermano così le informazioni fornite dall'Esecutivo delle Canarie, soddisfatto delle migliaia di posti stabili che il Governo sta installando nelle isole: "soprattutto, perché i posti sono stabili, ma non chi li occupa, ora i rientri sono stati riavviati e vengono incentivati con i paesi di origine e di transito".
In altre parole Marocco, Mauritania e Senegal stanno accettando il ritorno di "coloro che non hanno diritto alla protezione internazionale” usando le parole dello stesso ministro Fernando Grande-Marlaska. Secondo la stampa spagnola, fonti del suo dipartimento non hanno voluto fornire dettagli su quanti rimpatriati ci sono stati o da quando queste operazioni sono state effettuate. Ma le fonti dell'Esecutivo delle Canarie parlano di "circa mille" in "poco più di una settimana".
Il processo sembra sia stato attivato da quando la Conferenza episcopale spagnola (CEE) ha pubblicato un documento, con data 20 novembre, con cui denunciava la terribile situazione dei migranti nelle Isole Canarie e invitava il Governo della Spagna e dell'Unione Europea a non eludere il problema e ad agire in merito. La nota, che raccoglie la lettera pastorale congiunta dei Vescovi delle Canarie e di Tenerife, avvertiva le autorità europee e spagnole che "non si possono creare ghetti isolani per eludere il problema migratorio", aggiungendo che il problema "non è solo nelle Isole Canarie, ma in tutta la Spagna, in Europa e nel mondo”.
Secondo le testimonianze pervenute a Fides, alle Canarie non si rispetta nessun protocollo anti Covid-19. Tutto quello che si fa è spostare qualcuno se risulta positivo.
Da quando è stata decretata la pandemia in Spagna, l'arrivo dei migranti è aumentato senza controllo. Nel 2020 sono sbarcate alle Canarie 16.760 persone. La Spagna non è riuscita a fare un solo rimpatrio attraverso i confini di Ceuta e Melilla, chiusi dal 13 marzo dal Marocco, che ha denunciato problemi sanitari a causa della pandemia di Covid-19.
(CE) (Agenzia Fides 03/12/2020)
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AFRICA/NIGERIA - Rilasciato il sacerdote rapito lo scorso 22 novembre
 
Abuja (Agenzia Fides) - “Ringraziamo Dio perché il nostro fratello p. Matthew Dajo è stato rilasciato sano e salvo, oggi mercoledì 2 dicembre”. Così Sua Ecc. Mons. Ignatius Ayau Kaigama, Arcivescovo di Abuja ha annunciato ieri la liberazione di p. Matthew Dajo, il sacerdote cattolico rapito domenica 22 novembre (vedi Fides 30/11/2020). “Ringraziamo tutti coloro che hanno pregato per la sua liberazione” continua nel suo messaggio Mons. Kaigama. “Ringraziamo anche la famiglia di p. Dajo e tutti coloro che hanno collaborato ad assicurare il suo rilascio. Preghiamo affinché migliori la sicurezza nel Paese” conclude l’Arcivescovo di Abuja.
P. Matthew Dajo, è stato aggredito e rapito da uomini armati domenica 22 novembre nel suo domicilio nella parrocchia di Sant'Antonio, a Yangoji, ad Abuja. Secondo quanto ha appreso l’Agenzia Fides dall’Arcidiocesi di Abuja, la settimana scorsa la polizia era riuscita a circoscrivere l’area dove i rapitori erano nascosti con l’ostaggio, ma ha preferito attendere per non compromettere la vita del sacerdote. (L.M.) (Agenzia 3/12/2020)
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AFRICA/ETIOPIA - Corridoio umanitario per il Tigray, ma c'è il rischio di "deportazione di massa" dei profughi eritrei
 
Addis Abeba (Agenzia Fides) - Il governo etiope ha firmato un accordo con le Nazioni Unite per consentire la creazione di un corridoio umanitario "senza ostacoli", almeno per le aree sotto il controllo del governo federale, che permetta l’arrivo in Tigray di cibo, medicinali e altri aiuti essenziali. Dal 3 novembre, giorno in cui sono iniziati i combattimenti, la regione settentrionale dell’Etiopia è rimasta isolata. Le scorte alimentari e di carburanti si sono progressivamente esaurite. Per settimane le Nazioni Unite e altri hanno chiesto, senza successo, l’accesso alla regione per aiutare i sei milioni di abitanti. "Stiamo lavorando per assicurarci che l'assistenza sia fornita in tutta la regione e a ogni singola persona che ne abbia bisogno" - ha annunciato Saviano Abreu, un portavoce delle Nazioni Unite . "Chiediamo che tutte le parti in conflitto garantiscano che gli aiuti al Tigray arrivino a destinazione e siano distribuiti secondo i principi di umanità, imparzialità, indipendenza e neutralità" ha aggiunto.
La situazione umanitaria è grave. Si stima che più di un milione di persone nel Tigray siano sfollate, di cui oltre 45.000 sono fuggite nel vicino Sudan. La condizione peggiore è quella dei quasi 100.000 rifugiati eritrei i cui campi vicino al confine del Tigray erano sul fronte dei combattimenti. Alcuni rifugiati sarebbero stati uccisi o rapiti e sarebbero state perpetrate gravi violazioni delle norme internazionali.
"Scontri armati a parte - spiega all'Agenzia Fides p. Mussie Zerai, sacerdote eritreo impegnato nel sostegno ai rifugiati eritrei - nei campi profughi si profilano due minacce: il rischio di deportazione forzata in Eritrea e difficoltà di sussistenza enormi a causa della brusca interruzione di tutte le forme di assistenza e rifornimento anche dei beni più indispensabili".
La minaccia di deportazione riguarda in particolare il campo di Shimelba, quello più settentrionale e più vicino alla frontiera con l’Eritrea. Circolano da giorni notizie che circa seimila profughi sarebbero stati bloccati all’interno o nei dintorni del centro di accoglienza e rimpatriati in stato d’arresto da parte di reparti militari eritrei entrati in territorio tigrino, come alleati dell’esercito federale etiopico. "In sostanza, una vera e propria deportazione di massa - sostiene abba Mussie -, le cui vittime rischiano di diventare dei “desaparecidos” introvabili, perché tutti i registri dell’Unhcr sarebbero stati distrutti, in modo da non lasciare traccia degli ospiti del campo o comunque da rendere estremamente difficili le ricerche. L’Etiopia è tenuta a garantire l’incolumità e la libertà di quelle persone. Nessuno può ignorare, infatti, che tutti i profughi vengono considerati dal regime di Asmara 'traditori' e 'disertori': costringerli a tornare in Eritrea significa esporli a una vera e propria rappresaglia, fatta di galera e di morte. Ovvero, alla rivalsa e alla vendetta di quella dittatura che ogni rifugiato ha messo sotto accusa di fronte al mondo intero con la sua stessa fuga".
L’assistenza è un problema di crescente gravità che riguarda tutti i campi profughi. Fino alla guerra, assistenza e rifornimenti sufficienti per la vita quotidiana delle migliaia di profughi sono stati assicurati dal governo del Tigray e da aiuti umanitari internazionali. Dall’inizio del conflitto le forniture e i servizi si sono rapidamente ridotti fino a esaurirsi.
"Chiediamo con forza – conclude abba Mussie - interventi urgenti a tutte le principali istituzioni internazionali (in particolare a Nazioni Unite, Unione Africana, Unione Europea oltre allo stesso governo di Addis Abeba) con tre obiettivi prioritari: verificare la fondatezza della notizia dei rimpatri forzati in Eritrea di migliaia di profughi e, in caso ci siano state effettivamente delle deportazioni, intervenire con la massima rapidità e risolutezza; organizzare canali umanitari che consentano il trasferimento verso altri Stati delle migliaia di profughi che si sono trovati loro malgrado coinvolti nella guerra; riaprire subito le frontiere del Tigray agli aiuti umanitari".
(EC) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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ASIA/INDONESIA - Messaggio ecumenico dei Vescovi: Dio cammina con noi in mezzo alla pandemia e alla sofferenza
 
Giacarta (Agenzia Fides) - "I cristiani sono chiamati a restare saldi nella fede in mezzo a tutte le lotte e le difficoltà della vita, poiché Dio porta luce nell'oscurità e dà speranza in mezzo alla disperazione": è quanto affermano i Vescovi cattolici e protestanti dell'Indonesia nel loro comune messaggio natalizio. Con l'inizio del periodo di Avvento, la Conferenza episcopale cattolica dell'Indonesia (KWI) e la Conferenza delle Chiese protestanti unite indonesiane (PGI), hanno scelto di elaborare e diffondere una riflessione congiunta per tutti i battezzati dell'Indonesia. In pieno spirito ecumenico, i Vescovi invitano tutti i cristiani in Indonesia a riflettere sul passo del Vangelo di Matteo "E lo chiameranno Emmanuele" (Mt 1,23).
Il messaggio, diffuso il 1° dicembre, rileva che l'umanità in tutto il mondo sperimenta il tremendo orrore della pandemia Covid-19. I leader cristiani riconoscono che questa pandemia ha distrutto molti aspetti della vita umana: molte famiglie sono nel dolore e nel lutto, perché hanno perso i loro cari; molte persone hanno perso il lavoro, gli studenti costretti a studiare online da casa, perdendo così opportunità di vita sociale.
I fedeli - nota il testo - sono a disagio perché non possono recarsi in chiesa per pregare e ricevere i sacramenti. Inoltre, rilevano i Vescovi, anche il numero dei crimini è aumentato. La situazione generale, in Indonesia, ha generato una ripresa delle spinte identitarie, rifiorite nella società, che provocano incitamento all'odio, intolleranza, radicalismo e divisione tra i gruppi sociali.
In questa cornice, si nota che "l'umanità è fragile fisicamente e psicologicamente". “Siamo facilmente intrappolati nei pesanti fardelli della vita, fragili per l'avidità che ci porta a corruzione e ingiustizia. Il virus conferma che gli uomini, indipendentemente da status sociale, religioni e istruzione, hanno bisogno l'uno dell'altro". In questa tempesta "la fede in Dio è come fonte di aiuto", affermano i Vescovi:
“Come cristiani, abbiamo sofferto come gli altri, ma possiamo vivere la nostra sofferenza in pace e nella fiducia che Dio cammina con noi, per affrontare insieme la sofferenza. Dio non ci lascerà mai nella paura: il potere della fede e dell'amore consente al cristiano di affrontare situazioni difficili con la pace e la fede”, osserva il messaggio.
Invitando tutti i cristiani ad "accogliere e sentire la presenza di Gesù come vera luce nell'oscurità", si afferma: “In Gesù, l'Emmanuele, Dio è veramente presente in mezzo a noi; la nostra fragilità è preziosa agli occhi di Dio. Il nome Emmanuele, Dio-con-noi, dice proprio che Dio è in mezzo a noi e opera per rinnovarci. Questa presenza consente ai cristiani di affrontare difficoltà nella vita”. il testo invita a scorgere la presenza di Dio nella storia del suo popolo, fin dall'Antico Testamento e poi nell'incarnazione di Gesù Cristo, Principe della pace.
“Incoraggiati da questa certezza e dalla forza dell'amore, tutti i cristiani devono coltivare la solidarietà verso gli emarginati e i sofferenti. La presenza di Dio deve ricordarci che ogni uomo è fatto a immagine di Dio, e questa è la dignità inalienabile dell'umanità. Pertanto, la vita umana è preziosa e dobbiamo prendercene cura e proteggerla" sottolinea il messaggio, invitando a "imitare Gesù nel fare il bene secondo la nostra missione".
In questo speciale periodo, i Vescovi chiedono ai cristiani di "stare alla larga da incitamenti all'odio, fake news, intolleranza e atti criminali", esortandoli a "testimoniare la compassione e la generosità di Dio in questa pandemia per aiutare il prossimo e portare i pesi gli uni degli altri.
L'Indonesia è un paese con 270 milioni di abitanti, 230 milioni dei quali musulmani. Ci sono 24 milioni di cristiani in il Paese, e tra loro 7 milioni sono cattolici.
(ES-PA) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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ASIA/BANGLADESH - I cristiani bangladesi chiedono il rilascio del Gesuita p. Stan Swamy in India
 
Dhaka (Agenzia Fides) - I cristiani del Bangladesh si uniscono ai battezzati in India nel chiedere al governo indiano il rilascio immediato dell'83enne Gesuita padre Stan Swamy, arrestato in India per presunta complicità con i gruppi ribelli maoisti e accusato di sedizione (vedi Fides 9/10, 20/10 e 26/10/2020). Come appreso dall'Agenzia Fides, la "Bangladesh Christian Association" (BCA) ha scritto una lettera ufficiale al Premier indiano Narendra Modi chiedendo "il rilascio immediato di padre Stan Swamy".
Nella lettera pervenuta a Fides, firmata dal presidente della BCA, Nirmol Rozario, si legge: “Noi, comunità cristiana del Bangladesh, siamo seriamente preoccupati per la detenzione di padre Stan Swamy, SJ in India. L'8 ottobre 2020, l'83enne padre Stan Swamy, SJ, è stato arrestato dalla National Investigation Agency (NIA) di Ranchi, in India. Ora si trova nella prigione centrale di Talaja, Mumbai. Padre Stan Swamy è stato uno strenuo difensore dei diritti umani e ha lavorato per tutta la vita in favore dei poveri, dei dalit, dei tribali e degli emarginati, seguendo l'esempio di Gesù Cristo che è venuto a predicare la Buona Novella ai poveri, a proclamare la liberazione ai prigionieri e la restituzione della vista ai ciechi, a dare libertà a coloro che sono oppressi, a proclamare l'Anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19).
Nella lettera i cristiani del Bangladesh si dicono allarmati per le condizioni fisiche di padre Stan: "Data l'età e le condizioni fisiche di padre Stan Swamy, è un atto brutale tenerlo in custodia mentre è pienamente disposto a collaborare per ulteriori indagini. Pertanto, noi, membri della Associazione Cristiana del Bangladesh, chiediamo di intervenire e far rilasciare padre Stan Swamy, SJ, ripristinando così il rispetto dei diritti umani come priorità per la nazione". I leader della BCA informano che vogliono condurre una manifestazione pacifica a Dhaka per il rilascio di padre Stan Swamy, ricordando che, data l'età e data l'assurdità delle accuse mosse contro di lui, il governo dovrebbe liberarlo immediatamente.
Recentemente una delegazione della Bangladesh Christian Association, guidata da Nirmol Rozario, ha incontrato l'Alto Commissario dell'India in Bangladesh, Vikram Doraiswamy, perorando la causa dell'urgente liberazione di p. Stan.
(FC-PA) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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ASIA/INDIA - I Gesuiti a Goa: "Sulle orme di san Francesco Saverio, restiamo accanto ai poveri e ai sofferenti"
 
Panaji (Agenzia Fides) - “Seguendo le orme di San Francesco Saverio, siamo chiamati a restare accanto ai poveri e chi non ha voce, diventando veri testimoni e annunciatori di Cristo": lo ha detto il Provinciale dei Gesuiti a Goa, p. Roland Coelho, ricordando, in occasione della sua festa, il 3 dicembre, la figura del santo evangelizzatore dell'Asia, che approdò a Goa, e fu poi proclamato "Patrono delle missioni". Nel messaggio pervenuto all'Agenzia Fides, p. Coelho afferma: "Lasciamo che l'amore di Cristo ci trasformi. Lasciamoci riempire dal fuoco dell'amore di Cristo per tutte le persone. Durante questa pandemia di Covid-19 possiamo essere testimoni e profeti, restando accanto alle persone bisognose o sofferenti, indipendentemente dalla loro religione. Siamo accanto ai contadini che protestano a Delhi, privati dei loro diritti. Siamo accanto a padre Stan Swam e altri prigionieri politici che hanno lottato per i diritti di tribali, dalit e oppressi. Siamo accanto ai vulnerabili, emarginati e senza voce".
Padre Roland ha ricordato "le lettere di Francesco Saverio, che hanno fatto conoscere in Europa la sua attività missionaria nei paesi asiatici, infiammando tanti cuori alla missione". E ha detto: “Francesco Saverio, confrontandosi con Ignazio di Loyola, si chiedeva: cosa ho fatto per Cristo? Cosa sto facendo per Cristo? Cosa devo fare per Cristo? Ignazio lo esortava a guardare oltre se stesso e ad abbracciare il mondo intero. Francesco Saverio avvertì il bisogno di predicare la Buona Novella al mondo intero". Ha proseguito il Provinciale: "Approdato a Goa, Francesco Saverio non conosceva la lingua locale. L'ha imparata, ha fatto tradurre il catechismo e l'ha insegnato nella lingua locale. All'inizio lo hanno deriso e insultato. Poi la gente ha visto la genuinità e la santità in quest'uomo e lo ha apprezzato come persona autentica, promotrice di pace e di bene".
Il Santo oggi unisce persone di tutte le fedi, come ha sottolineato nel suo messaggio il Primo Ministro di Goa, Pramod Sawant, rimarcandone "il carattere di unità e la benedizione che rafforza il tessuto sociale, in tempo di pandemia".
Per la prima volta in 400 anni, la solenne Eucarestia della festa di San Francesco Saverio, celebrata oggi, 3 dicembre, nella Basilica del Bom Jesu a Goa, è stata trasmessa online e in tv, a causa delle restrizioni imposte per il Covid-19: i fedeli hanno partecipato virtualmente dalle loro case. Per le stesse ragioni, non si è tenuto nel 2020 il consueto pellegrinaggio alla Basilica di Bom Jesu per la Novena di S. Francesco Saverio, che riuniva fedeli da tutta la nazione per chiedere guarigione e benedizione. Un solo rappresentante per parrocchia è stato ammesso a venerare il corpo di San Francesco Saverio, conservato nella Basilica.
(LM-PA) (Agenzia Fides 3/12/2020)


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ASIA/LIBANO - I Vescovi maroniti sollecitano la rapida applicazione dei controlli anti-corruzione nelle istituzioni pubbliche
 
Bkerké (Agenzia Fides) – I Vescovi maroniti “prendono atto” della iniziativa politica innescata dal Presidente Michel Aoun e volta a stabilire misure di controllo contabile per combattere la corruzione nelle istituzioni pubbliche libanesi. Nel contempo, sottolineano l’urgenza di approvare in Parlamento e emanare in tempi brevi, i dispositivi di legge necessari a mettere in atto le procedure anti-corruzione nei singoli dipartimenti e organismi dell’amministrazione pubblica nel Paese dei Cedri.
La sollecitazione a porre in essere in tempi brevi le regole e le disposizioni di legge anche penali volte a combattere la corruzione diffusa e a porre rimedio alla “mala gestio” delle istituzioni pubbliche libanesi è stata espressa dai Vescovi maroniti nel comunicato finale della loro riunione mensile, svoltasi mercoledì 2 dicembre presso la sede patriarcale di Bkerké, sotto la presidenza del Patriarca Cardinale Béchara Boutros Raï.
Di recente un audit (procedimento di valutazione) sul funzionamento e la trasparenza contabile della Banca del Libano, affidato alla società Alvarez & Marsal, era stato ostacolato dal rifiuto della stessa Banca di consegnare i documenti richiesti per il procedimento di valutazione, con il protesto di dover rispettare il “segreto bancario”. Dopo tale episodio, il Presidente Aoun ha inviato al Parlamento una lettera con la richiesta di garantire l’attuazione dei procedimenti di valutazione relativi alla Banca del Libano e a tutte le amministrazioni, le istituzioni e i fondi pubblici, in modo da avviare attraverso questi strumenti un processo di generale messa in sicurezza del sistema nazionale rispetto alla corruzione diffusa.
Nel loro comunicato, i Vescovi maroniti hanno anche espresso la volontà di unire la propria voce a "a quella del popolo libanese, insoddisfatti dei ripetuti tentativi di impedire la formazione di un nuovo governo, in contraddizione con le promesse dei blocchi parlamentari”. Nelle dichiarazioni ufficiali, i Partiti e gli schieramenti politici libanesi affermano il proprio sostegno alla costituzione di un governo di esperti indipendenti, che si faccia carico di avviare il processo di riforme necessarie al Paese. Poi, a livello concreto, la formazione del nuovo esecutivo è bloccata da mesi, e il Premier designato Saad Hariri non riesce a creare la sua squadra di governo.
Nella riunione svoltasi a Bkérké, il Patriarca Béchara Boutros Raï ha esposto ai Vescovi maroniti un breve resoconto del suo ultimo incontro con Papa Francesco, svoltosi in Vaticano sabato 28 novembre. Nel comunicato finale del loro incontro, i Vescovi maroniti ringraziano Papa Francesco per la sua vicinanza al Libano, espressa in maniera rinnovata anche dopo la catastrofica esplosione verificatasi il 4 agosto nel porto di Beirut. Nel corso dell’udienza papale concessa al Patriarca – riferisce un comunicato ufficiale del Patriarcato maronita – il Cardinale libanese ha rinnovato l’invito rivolto a Papa Francesco a compiere una visita pastorale in Libano. (GV) (Agenzia Fides 3/12/2020)
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Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

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