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lunedì 17 marzo 2008

Chiara Lubich: Avvenire 15 marzo

Il suo carisma (15 marzo 2008)
La sua rivoluzione nel segno dell'unità



Giovanni Ruggiero

Piovevano le bombe su Trento, e nei rifugi antiarei, in quei momenti d’angoscia, tutto e la vita stessa pareva soccombere sotto il fuoco dei bombardamenti. Non di tutti, però, era lo sgomento. Se ne stava lì una ragazza poco più che ventenne che non batteva i denti e leggeva in un cantuccio il Vangelo a quanti le stavano intorno. E un giorno, in un ululare di sirene, apertolo a caso, lesse nelle parole dell’evangelista Giovanni il Testamento di Gesù: «Che tutti siano uno, Padre, come io e te». Chiara Lubich, quella ragazza, portava ancora il nome Silvia che le avevano imposto i genitori. Era nata a Trento il 22 gennaio 1920 e non aveva ancora scelto quest’altro nome per onorare la Santa di Assisi. «Quelle parole – ricorda anni dopo, quando il movimento dei Focolari è già diffuso nei cinque continenti – sembravano illuminarsi ad una ad una. Quel "tutti" sarebbe stato il nostro orizzonte. Quel progetto di unità è la ragione della nostra vita».

Cominciò a dire alle persone che impaurite la circondavano che però c’è l’Unico che nessun bomba avrebbe fatto crollare, e ha continuato a insegnarlo a quanti, poi, l’hanno seguita.
Sono giorni fervidi e intensi: «Ogni giorno nuove scoperte – ricorda negli anni – il Vangelo era diventato unico nostro libro, unica luce di vita». Nasce sotto le bombe di Trento l’idea del movimento, e la stessa Chiara ha creduto che gli inizi dei Focolari fossero legati a un episodio intimo e di dolce abbandono, quando nella chiesetta dei cappuccini di Trento, sola davanti all’altare, pronunciò il suo sì per sempre al Signore. Era il 7 dicembre 1943.

L’unità che desiderano, quando poi finalmente i cieli italiani si rischiarano, è quella evocata dall’Evangelista <+corsivo>perché tutti siano uno<+tondo>. Bruna Tomasi è stata una delle prime a seguire Chiara e ricorda il fervore di quegli anni dell’immediato dopoguerra. Di Chiara dice: «È stata una persona che mi ha fissato in Dio. Mi si è spalancato così un cristianesimo dove tutto mi sembrava vivo. Chiara ci invitava a trasformare il mondo amandolo». Quell’unità evangelica si inizia a viverla nel quotidiano, in tutte le circostanze: «Cominciava a dirci che chi ama Dio ama anche i fratelli, proprio grazie a questo amore, e amandoli li aiuta e li invita a fare la stessa cosa con gli altri. Così l’amore, che viene da Dio, diventa una catena».

In questa unità d’amore si sostanzia il programma e il carisma dei Focolari, oggi più di due milioni in tutto il mondo, un «piccolo popolo», come ebbe a definirli Giovanni Paolo II. Il programma di Chiara Lubich è semplice: «Facciamo dell’unità tra noi il trampolino per correre dove non c’è l’unità e farla». L’unità attraverso il dialogo che è da principio un dialogo in più direzioni che Chiara Lubich persegue anche a titolo personale incontrando le personalità più importanti di tutte le fedi. Dialogo all’interno della Chiesa, per approfondire la comunione tra i movimenti ecclesiali; tra le Chiese, per tessere rapporti di comunione fraterna e accelerare il cammino dell’unità visibile tra i cristiani; con l’ebraismo, per sanare ferite di secoli; tra le religioni per costruire un mondo fraterno sui valori dello spirito e, infine, con persone non mosse da una fede, sulla base di valori condivisi, nel rispetto dei diritti umani, nei campi della solidarietà e della pace.

È però soprattutto questa unità nel Suo nome ad aver fatto dei Focolari un movimento ecclesiale, inserito nell’attuale stagione di fioritura dei nuovi carismi, che nella Christifideles Laici di Papa Wojtyla sono chiamati «grazie dello Spirito... per l’edificazione della Chiesa, il bene del mondo e le necessità del mondo».
E difatti il carisma di Chiara si sostanzia in un Vangelo vissuto, anche se lei ripeterà sempre che tutto non è stato pensato solo da mente umana: «Ma viene dall’Alto. Sono in genere le circostanze che manifestano ciò che Dio vuole. Noi cerchiamo di seguire la Sua volontà giorno dopo giorno». Lo intuì il vescovo di Trento, Carlo De Ferrari, che diede la sua approvazione al movimento nel 1947: «Qui – scrisse icasticamente – c’è il dito di Dio», e lo stesso Paolo VI, nella prima udienza data ai Focolari nel 1964, riconoscerà nel movimento un’opera del Signore. Due anni prima i Focolari avevano avuto l’approvazione pontificia.


Sono modelli di unità e di Vangelo vissuto le Cittadelle, oggi 35 sparse in tutti il mondo. Chi le ha solo visitate e vi ha trascorso anche pochi giorni ne ricorda l’atmosfera di mondo ideale. Sono vere e proprie piccole città, con case, negozi, centri d’arte, sale per incontri, atelier e piccole aziende. Sono bozzetti di una socialità nuova, sperata da molti e perduta per tanti, la cui legge è l’amore reciproco, la legge del Vangelo, con la conseguente piena comunione di ogni ricchezza spirituale. Ed è ancora Vangelo vissuto in molte di queste Cittadelle, come quella di Loppiano, presso Incisa Valdarno, la creazione di poli aziendali che accolgono e uniscono imprese produttive informate al progetto di economia di comunione. Appare quasi un’utopia questo concetto in un mercato sempre più selvaggio e liberista. Chiara Lubich ci spiegò con parole semplici lo spirito di queste aziende che hanno Dio tra i soci di maggioranza: «È da lui che è partito tutto, per questo dico che è connaturale all’uomo più il dare che l’avere. Lui ha detto: date e vi sarà dato. Quelli che attuano l’economia di comunione danno ai poveri almeno un terzo e, di conseguenza, anche a loro sarà dato».

Un modello di unità è poi la famiglia, alla quale i Focolari rivolgono una particolare cura. Nel 1967 è nato il movimento Famiglie Nuove che vede tra i fautori Igino Giordani, il quale aveva conosciuto Chiara quando sedeva tra i banchi di Montecitorio, nel 1948: «La santità – scrisse ricordando quel primo incontro – è a portata di tutti; cadono i cancelli che separano il mondo laicale dalla vita mistica; sono messi in piazza i tesori di un castello a cui solo pochi erano ammessi». I Focolari propongono un nuovo modo di essere famiglia tessuta dalla trama di quattro fili: educazione, formazione, socialità e solidarietà. «La famiglia – diceva Giordani – non si chiude in se stessa, ma si espande come cellula. La società nuova nasce, come da fonte sacra naturale, dalla famiglia che vive il Vangelo».
Proprio di recente, scritti di Chiara Lubich e di Igino Giordani sono stati raccolti per raccontare gli albori del movimento: Erano i tempi di guerra, è anche il titolo, e si cominciava a costruire qualcosa mentre il mondo si distruggeva sotto le bombe. Cominciava qualcosa di straordinario. Il cardinale Tarcisio Bertone che ne ha curato la prefazione lo sottolinea. Ricordando Benedetto XVI, dice: «Quando un’esperienza autenticamente evangelica muove i suoi primi passi, è in un certo senso lo Spirito Santo stesso che nuovamente prende la parola». E Chiara l’avverte. Un giorno, in una di queste sue Mariapoli ammira la spianata verde della valle: «Mi parve di capire – ricorda – che un giorno il Signore avrebbe voluto, in qualche posto, una cittadella simile a quella che si stava svolgendo, ma permanente, e con la fantasia ho immaginato di vedere la vallata popolata di casa e casette». Chiara Lubich, quando ha sentito che il respiro l’abbandonava per sempre, ha chiesto di tornare a Mariapoli, quella di Rocca di Papa. Qui ha reso l’anima a Dio, raggiungendolo oltre questa valle.

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