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martedì 15 luglio 2008

Cimolai, il re dei tubi giganti scopre le grandi navi






A sentir lui, nulla di strano che la sua "bottega da fabbro" abbia imparato negli ultimi dieci anni a fare stadi e navi. Lui si chiama Luigi Cimolai, la bottega fu fondata con il nome di famiglia da suo padre Armando nel 1949. E giusto per dire un paio di numeri da identikit, i ricavi consolidati nel 2007 sono arrivati a sfondare la soglia di 170 milioni di euro, mentre il portafoglio ordini vale 556 milioni. Ne deriva la stima di ricavi protesi verso i 200 milioni quest'anno e attorno a 220 milioni per l'anno venturo, grazie in particolare all'innalzamento della quota derivante da export (oggi al 55% del totale). Un paragone corretto con le annate più recenti non è proponibile, poiché solo nel 2007 le precedenti tre aziende principali sono state fuse ed è stato composto un bilancio consolidato con le controllate.
Nel 2005 il valore della produzione aggregato consisteva in 117 milioni di euro, con un Ebitda di 10,8 milioni e un Ebit di 8,1 milioni; parametri che un anno dopo registravano rispettivamente 126,7 milioni, 10,9 milioni e 7,3 milioni.
Numeri che Luigi Cimolai, ingegnere, 56 anni, indica con lo stesso understatement con cui descrive l'evoluzione e la storia recente dell'impresa. "L'idea di produrre tubi dice il presidente e amministratore delegato del gruppo friulano ci è venuta nel '99, quando costruendo le coperture dello stadio di Cardiff abbiamo scoperto che un paio di aziende tedesche detenevano una sorta di monopolio mondiale dei tubi di grandi dimensioni. Allo stesso modo, un paio di anni fa abbiamo capito che avremmo potuto dare una mano a Mariotti a costruire navi".
L'uno e l'altro mestiere del fabbro pordenonese vanno spiegati. Cimolai produce tubi in acciaio con diametri variabili da 406 a 2000 millimetri, con spessori da 15 a 120 millimetri. Il tutto a partire da lamiere di acciaio che vengono piegate, sagomate, saldate, scorciate, torte tramite macchinari giganteschi.
Nel '99 Cimolai ha comprato un terreno di 146mila metri quadrati nella zona industriale Aussa Corno (San Giorgio di Nogaro), quattro anni dopo e dopo 30 milioni di euro di investimenti iniziava la produzione di tubi e carpenteria in un nuovo stabilimento di 15mila metri quadrati coperti. Ma notando che accanto allo stabilimento scorre un canale navigabile, un paio di anni fa il gruppo cantieristico genovese Mariotti ha proposto a Cimolai di allestire una jointventure dedicata appunto alla costruzione di navi.
L'anno scorso, a valle di un investimento da 25 milioni di euro per innalzare e attrezzare un altro stabilimento da 10mila metri quadrati coperti, è stato realizzato lo scafo della prima di tre navi da 200 metri di lunghezza commissionate dal gruppo crocieristico Carnival.
I due impianti di Aussa Corno affiancano le due prime fabbriche del gruppo, entrambe nel pordenonese (Polcenigo e Roveredo), e la nuova Metalmecanica de Orinoco (fondata in Venezuela l'anno scorso). "L'internazionalizzazione sostiene il presidente è una delle due leve su cui agiremo per la crescita futura. A medio termine, coltiveremo altre unità operative all'estero, sul modello applicato in Venezuela, con joint ventures aperte a soci locali che ci aiutino nella penetrazione di mercati lontani. In pari tempo ci concentreremo per far lievitare le potenzialità implicite nel business dei tubi e della cantieristica navale". Vale a dire che sono escluse acquisizioni o integrazioni con altre imprese del settore? "Non abbiamo allo studio nulla, anche perché abbiamo già una notevole mole di investimenti in corso", risponde Luigi Cimolai. Che dinanzi all'ovvio quesito sul senso di una partecipazione che vale il 7% di Permasteelisa spazza via ogni dubbio rispetto a ipotetici incroci: "Il nostro ingresso in quel gruppo ha valore esclusivamente finanziario, dato che il prezzo era conveniente. Non credo sia possibile alcuna integrazione societaria o produttiva, perché non abbiamo nulla in comune se non che ci occupiamo di metalli. Ma noi facciamo tubi, loro facciate architettoniche".
I tubi conoscono tuttavia le più varie applicazioni. Ce ne sono che finiscono sul fondo del mare, dedicati al trasporto di gas o petrolio. Ma di tubi sono fatti la struttura di acciaio dello stadio di Atene per le Olimpiadi del 2004, così come il telaio reticolare delle coperture dell'immenso hangar in cui a Tolosa viene montato l'Airbus 380.
I tubi sono parte essenziale anche di molte delle principali commesse in fase di lavorazione, come lo stadio di Johannesburg dove tra due anni sarà giocata la partita d'avvio e la finalissima dei mondiali di calcio. Tra queste ultime meritano di essere almeno citati il ponte Woodall Rodgers a Dallas (36 milioni di dollari), i nuovi hangar per l'aeroporto di Doha nel Qatar (85 milioni), lo stadio Lansdowne Road di Dublino (23 milioni), il ponte sull'Adige per l'autostrada A31 (44 milioni).
Va da sé che i tubi sono solo una parte dei tanti prodotti che escono dalla fucina pordenonese. Alla carpenteria di Cimolai si serve Santiago Calatrava, che nei giorni scorsi ha inaugurato a Gerusalemme il suo Light Train Bridge. E porta la firma del grande architetto spagnolo lo Sport City Center di Tor Vergata, ossia il complesso della piscina che accoglierà i Mondiali di nuoto nel 2010 e i cui lavori sono iniziati a fine giugno (commessa da 63 milioni di euro).
L'intervento di maggior peso economico oggi nel portafoglio di Cimolai è il nuovo terminal Molo C all'aeroporto di Fiumicino, che vale 162 milioni di euro e di cui il gruppo friulano è general contractor. "Facciamo un mestiere che amiamo dice Luigi Cimolai tant'è vero che mio padre Armando e mia madre Albina lavorano ancora di buona lena".

Fonte:repubblica.it

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