◊ Osannato dal pubblico, soprattutto giovanile, ma spesso bersaglio delle critiche dei colleghi, Giovanni Allevi è un fenomeno che non si può ignorare. Il primo settembre, il quarantenne pianista suonerà all’Arena di Verona con la sua “All Stars Orchestra”, composta da 90 musicisti provenienti da tutto il mondo. Un’occasione per parlare con il compositore marchigiano di musica, del mondo giovanile e del suo rapporto con Dio. L’intervista a Giovanni Allevi è di Alessandro Gisotti:
(musica)
R. - La musica, per me, è un’esigenza viscerale: l’ho definita una strega capricciosa che ha monopolizzato la mia vita, che bussa alla mia testa, viene a trovarmi in ogni momento e mi suggerisce una manciata di note che io, poi, devo raccogliere, sviluppare fino a plasmarle in un pentagramma musicale ed eseguirle, infine, con un pianoforte oppure con un’orchestra. Ma questo è un fatto tecnico. La realtà è che la musica è un modo straordinario, entusiasmante, affascinante per raccontare il nostro tempo.
D. - Dio si può trovare anche tra le note di uno spartito?
R. - Sì, sì. Io non ho avuto difficoltà ad ammetterlo. Ho più volte ribadito che chiunque svolga un qualche tipo di attività artistica e creativa, prima o poi deve fare i conti con un’alterità, con Qualcuno che regge le fila del discorso, con un mistero che ci circonda. Quindi, il passo verso la trascendenza è brevissimo…
D. - Lei suona il pianoforte ma spopola tra i giovani come una pop star: perché?
R. - Perché? Perché i giovani sono meravigliosi! Sono molto più profondi, molto più sensibili, poetici di quanto noi possiamo immaginare. Sono circondato da una nuova generazione di sognatori, di visionari… Anche se ci troviamo in un momento di crisi, sembra vogliano tornare all’essenzialità delle cose, alla gioia di prendere di nuovo in mano il destino della propria esistenza.
D. - Lei definisce la sua musica “classica contemporanea”: non è un’affermazione che offre il destro alle critiche che tante volte ha ricevuto?
R. - Assolutamente sì. Ne sono consapevole e lo sapevo dall’inizio, ma questa è la realtà delle cose. Una definizione può essere considerata una parola vuota, se non ci fosse una vita all’interno di quella mia definizione. E’ tutto il tormento che c’è dietro a queste due parole: il mio lasciare la famiglia, il lavoro, la casa e tutto, a 28 anni, per inseguire il mio sogno e restare ore, fino a notte fonda, davanti ad una partitura per riempirla di note e darle una forma: ecco, è lì che ho capito che cosa significa la musica classica contemporanea. Cioè, è un linguaggio musicale colto - perché utilizza una notazione scritta - e che grazie ad essa riesce ad elaborare delle forme più complesse di quelle che noi siamo abituati ad ascoltare in una canzone pop, cioè una semplice alternanza strofa-ritornello. Grazie alla scrittura, si possono creare delle sinfonie, delle fughe, dei quartetti, dei quintetti, dei mottetti… ecco, queste sono le forme che la tradizione classica ci ha tramandato, forme straordinarie che però noi dobbiamo continuamente aggiornare e riempire di contenuti che prendiamo a prestito dalla realtà che ci circonda, che però è sempre diversa, sempre nuova. Ci sarà sempre una musica nuova, ci sarà sempre una musica contemporanea, e se questa si sviluppa all’interno della tradizione e delle forme della tradizione classica europea, ecco che c’è la musica classica contemporanea. Ma non lo dico solo per me…
D. - Insomma, si può amare allo stesso tempo Mozart e Michael Jackson?
R. - Dunque, Mozart e Michael Jackson sono assolutamente due geni indiscussi, ma appartengono a due generi musicali differenti. Io credo nella specificità del genere, nella purezza del genere. Io credo che esista una musica classica, che tramanda determinate, ben precise forme attraverso la scrittura. Michael Jackson è un elemento di genialità all’interno di una tradizione pop-rock, che è un’altra storia.
D. - Suonare la rende felice?
R. - Sì. Mi fa vivere intensamente. Tutte le emozioni sono accelerate, sono esagerate: l’ansia, la paura, quelle ci sono. Però, quando arriva l’applauso, quando arriva l’abbraccio del pubblico, tutto svanisce ed io mi sento in paradiso.
D. - Cosa consiglierebbe ad un ragazzo che, magari, ascoltando “Joy” o “No concept” abbia voluto mettere le mani sul pianoforte?
R. - Eh, ma ce ne sono tanti che poi mi scrivono e mi dicono: voglio diventare bravo come te. E io rispondo loro: no, tu mi devi superare, mi devi stracciare, devi prendere spunto da quanto mi è accaduto non per fermarti a farmi un complimento: non mi interessa. Ma per vivere lo stesso entusiasmo che ho vissuto io e per fare come me e meglio di me.
Filippesi 1,4 ... e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, prego con gioia...
mercoledì 26 agosto 2009
Dio, la musica e i giovani: il compositore Giovanni Allevi si racconta alla Radio Vaticana
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