Omelia di inizio anno di mons. Mazzocato
1° gennaio 2010
Abbiamo ascoltato le splendide parole di benedizione che Dio stesso suggerisce a Mosè perché, a sua volta, le rivolga a tutto il popolo: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto su di te e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda la pace”.
Sia questa la benedizione divina che invochiamo anche su di noi e su tutta l’umanità nel primo giorno del nuovo anno: Il Signore rivolga su di noi il suo volto, ci custodisca e ci conceda la pace”.
Sono parole consolanti di cui sentiamo il bisogno perché siamo parte viva di un’umanità tormentata ancora da tensioni e scontri, a volte atroci, che generano la peggiore delle ingiustizie che è quella di togliere la vita a vittime innocenti.
Preghiamo il Signore Gesù, Principe della pace, che ci conceda la vera pace perché, nella fede, crediamo che essa è un dono che viene da Lui.
Insieme, non dobbiamo dimenticare che la pace è anche compito nostro ed ognuno può dare il suo prezioso e doveroso contributo.
Tanti sono i modi attraverso i quali possiamo contribuire alla crescita della pace nel nostro Friuli e nel mondo. Nel suo messaggio del primo dell’anno, Giornata mondiale della pace, il Santo Padre ne indica uno che è veramente alla portata di tutti: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”.
Siamo invitati a riflettere sul rapporto stretto che c’è tra il rispetto della natura e la salvaguardia della pace.
Mi limito a sottolineare qualche passaggio del messaggio del Papa che è ricco di molti spunti ed è facilmente comprensibile.
Penso sia evidente a tutti che se in questa nostra epoca non rispettiamo la natura compromettiamo la pace tra i popoli. La velocità delle comunicazioni ha reso la terra come un’unica grande tavola a cui tutti hanno diritto di sedersi per mangiare e se qualcuno riempie fuori misura il proprio piatto gli altri se ne accorgono subito e reagiscono violentemente. Lo sfruttamento delle risorse da parte di chi è più forte crea scontri e ritorsioni.
Peggio ancora, l’avvelenamento del cibo, dell’acqua e dell’aria per egoismo sconsiderato altera gli equilibri della natura, genera quelli che il Papa chiama “profughi ambientali” e compromette la pace tra gli uomini.
Benedetto XVI, unisce, allora, la sua voce a tante altre che si stanno levando contro il progressivo degrado del creato. Invita ad invertire rotta per ristabilire una buona armonia tra uomo e natura perché è condizione di una buona armonia degli uomini tra di loro.
Tra le varie riflessioni del Papa c’è il richiamo ad una conversione culturale su cui vorrei brevemente attirare l’attenzione.
Si è diffusa una mentalità che ha progressivamente considerato la natura come “un mucchio di rifiuti sparsi a caso”; che guarda l’acqua, gli alberi, gli animali, i minerali come materiali che sono lì come per caso e che si possono adoperare e consumare secondo i propri bisogni e interessi.
Questa mentalità materialistica sta portando ad un degrado del pianeta che a volte si teme diventi irreversibile. La salvezza sta nel tornare a guardare la natura secondo l’insegnamento della Rivelazione cristiana.
La Sacra Scrittura chiama la natura col nome di “creazione”. Insegna che l’uomo non si trova per in mezzo ad un mucchio di cose da consumare; ma dentro uno splendido giardino che Dio ha creato per lui con la sua infinita intelligenza e amore.
Questo giardino, dice il Papa, ha una sua “grammatica”. La natura ha, cioè, delle leggi intrinseche poste in essa dal Creatore. Solo se l’uomo le riconosce e le rispetta vive in armonia con il creato come in un giardino. Se le oltraggia la natura diventa luogo di morte per tutta l’umanità.
I nostri antenati, che hanno abitato questa bella e fragile terra friulana, conoscevano bene la “grammatica” che Dio ha messo nella creazione. Ce lo testimonia Il territorio che era ed è segnato dalle pievi. Chi si inoltra nella Carnia è accompagnato dalle chiese e dai campanili delle pievi che svettano sui punti più alti ed in vista della montagna.
Le pievi sembrano dialogare tra di loro; è un dialogo di preghiera a cui invitano anche gli abitanti e i passanti, spingendo in alto il loro sguardo, verso Dio creatore.
Con lo sguardo illuminato dalla fede e dalla preghiera si tornava, poi, a guadare le montagne, i boschi e tutta la natura vedendo in essa la bellezza dell’armonia divina da contemplare e rispettare per vivere in pace con il creato e tra gli uomini.
Non mi dilungo nella mia riflessione e, accontentandomi dei pochi cenni fatti, che posso essere approfonditi dalla lettura del messaggio del Papa.
Concludo solo con l’invito ad accogliere la parola del Santo Padre e l’eredità che ci hanno lasciato gli antenati. E’ l’invito a vivere dentro il nostro splendido territorio non con lo sguardo senza fede di chi vede solo cose da consumare ma con la capacità di ascoltare la voce silenziosa della natura che ci parla del Creatore e delle leggi armoniose che ha posto nel creato.
Se obbediremo alla grammatica della voce della natura, vivremo in pace anche tra di noi con un senso di rispetto, di sobrietà e di condivisione di quanto Dio ha donato gratuitamente a tutti.
Consegneremo un mondo bello e vitale alle future generazioni. E’ questo è un impegno di giustizia su cui il Papa torna ripetutamente e che dobbiamo ai nostri figli.
Sia questa la benedizione divina che invochiamo anche su di noi e su tutta l’umanità nel primo giorno del nuovo anno: Il Signore rivolga su di noi il suo volto, ci custodisca e ci conceda la pace”.
Sono parole consolanti di cui sentiamo il bisogno perché siamo parte viva di un’umanità tormentata ancora da tensioni e scontri, a volte atroci, che generano la peggiore delle ingiustizie che è quella di togliere la vita a vittime innocenti.
Preghiamo il Signore Gesù, Principe della pace, che ci conceda la vera pace perché, nella fede, crediamo che essa è un dono che viene da Lui.
Insieme, non dobbiamo dimenticare che la pace è anche compito nostro ed ognuno può dare il suo prezioso e doveroso contributo.
Tanti sono i modi attraverso i quali possiamo contribuire alla crescita della pace nel nostro Friuli e nel mondo. Nel suo messaggio del primo dell’anno, Giornata mondiale della pace, il Santo Padre ne indica uno che è veramente alla portata di tutti: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”.
Siamo invitati a riflettere sul rapporto stretto che c’è tra il rispetto della natura e la salvaguardia della pace.
Mi limito a sottolineare qualche passaggio del messaggio del Papa che è ricco di molti spunti ed è facilmente comprensibile.
Penso sia evidente a tutti che se in questa nostra epoca non rispettiamo la natura compromettiamo la pace tra i popoli. La velocità delle comunicazioni ha reso la terra come un’unica grande tavola a cui tutti hanno diritto di sedersi per mangiare e se qualcuno riempie fuori misura il proprio piatto gli altri se ne accorgono subito e reagiscono violentemente. Lo sfruttamento delle risorse da parte di chi è più forte crea scontri e ritorsioni.
Peggio ancora, l’avvelenamento del cibo, dell’acqua e dell’aria per egoismo sconsiderato altera gli equilibri della natura, genera quelli che il Papa chiama “profughi ambientali” e compromette la pace tra gli uomini.
Benedetto XVI, unisce, allora, la sua voce a tante altre che si stanno levando contro il progressivo degrado del creato. Invita ad invertire rotta per ristabilire una buona armonia tra uomo e natura perché è condizione di una buona armonia degli uomini tra di loro.
Tra le varie riflessioni del Papa c’è il richiamo ad una conversione culturale su cui vorrei brevemente attirare l’attenzione.
Si è diffusa una mentalità che ha progressivamente considerato la natura come “un mucchio di rifiuti sparsi a caso”; che guarda l’acqua, gli alberi, gli animali, i minerali come materiali che sono lì come per caso e che si possono adoperare e consumare secondo i propri bisogni e interessi.
Questa mentalità materialistica sta portando ad un degrado del pianeta che a volte si teme diventi irreversibile. La salvezza sta nel tornare a guardare la natura secondo l’insegnamento della Rivelazione cristiana.
La Sacra Scrittura chiama la natura col nome di “creazione”. Insegna che l’uomo non si trova per in mezzo ad un mucchio di cose da consumare; ma dentro uno splendido giardino che Dio ha creato per lui con la sua infinita intelligenza e amore.
Questo giardino, dice il Papa, ha una sua “grammatica”. La natura ha, cioè, delle leggi intrinseche poste in essa dal Creatore. Solo se l’uomo le riconosce e le rispetta vive in armonia con il creato come in un giardino. Se le oltraggia la natura diventa luogo di morte per tutta l’umanità.
I nostri antenati, che hanno abitato questa bella e fragile terra friulana, conoscevano bene la “grammatica” che Dio ha messo nella creazione. Ce lo testimonia Il territorio che era ed è segnato dalle pievi. Chi si inoltra nella Carnia è accompagnato dalle chiese e dai campanili delle pievi che svettano sui punti più alti ed in vista della montagna.
Le pievi sembrano dialogare tra di loro; è un dialogo di preghiera a cui invitano anche gli abitanti e i passanti, spingendo in alto il loro sguardo, verso Dio creatore.
Con lo sguardo illuminato dalla fede e dalla preghiera si tornava, poi, a guadare le montagne, i boschi e tutta la natura vedendo in essa la bellezza dell’armonia divina da contemplare e rispettare per vivere in pace con il creato e tra gli uomini.
Non mi dilungo nella mia riflessione e, accontentandomi dei pochi cenni fatti, che posso essere approfonditi dalla lettura del messaggio del Papa.
Concludo solo con l’invito ad accogliere la parola del Santo Padre e l’eredità che ci hanno lasciato gli antenati. E’ l’invito a vivere dentro il nostro splendido territorio non con lo sguardo senza fede di chi vede solo cose da consumare ma con la capacità di ascoltare la voce silenziosa della natura che ci parla del Creatore e delle leggi armoniose che ha posto nel creato.
Se obbediremo alla grammatica della voce della natura, vivremo in pace anche tra di noi con un senso di rispetto, di sobrietà e di condivisione di quanto Dio ha donato gratuitamente a tutti.
Consegneremo un mondo bello e vitale alle future generazioni. E’ questo è un impegno di giustizia su cui il Papa torna ripetutamente e che dobbiamo ai nostri figli.
mons. Andrea Bruno Mazzocato
Arcivescovo di Udine
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