Uniti A Cristo Per Avere La Vita
Devo rendermi conto che il cristianesimo non è solo un messaggio, ma una vita. Non tocca solo la mente, ma fa compiere un salto qualitativo nell’ordine dell’essere. Non è solo illuminante, ma trasformante. Perché è la vita divina riversata in me da Cristo e vivificante la mia esistenza grazie alla mia comunione con lui. Chi mi può dare la vita divina, la partecipazione alla vita immortale, una vita e al di là di ogni immaginazione, se non Dio stesso? Io non posso scalare il cielo, posso solo ricevere ciò che dal cielo mi viene donato. E la ricevo, stando in comunione con Cristo, la vite, e con i fratelli, gli altri tralci. Il Padre dà la vita al Figlio e il Figlio la trasmette a coloro che sono uniti a lui: ecco la realtà che trasforma tutto!
Penso mai all’unicità della “vita divina”? Questa espressione può, a volte, apparire vaga, perché non verificabile con strumenti umani, ma è decisiva, perché è la ragione del mio “essere figlio” di Dio, della mia vita definitiva con Dio, una vita che sarà vita “di famiglia” con l’inaccessibile e gloriosa Trinità, perché ormai sono suo “consanguineo”. Il punto di saldatura insostituibile tra il divino e l’umano resta Gesù, e la comunione con Gesù. Egli è insostituibile per la mia vita di figlio di Dio, egli mi rende un tralcio sano con la sua parola, egli mi fa giungere la linfa vitale d’immortalità, una linfa che viene dall’eterno e immerge nell’eterno.
Suprema bellezza della fede! Stupendo panorama di una vita divinizzata!
O Gesù, come sei grande e decisivo! Con te sono vivo, senza di te sono morto.
Con te il fiume immortale della vita divina mi travolge e mi porta verso l’oceano divino, sconfinato e senza tramonto!
Con te sono tutto, senza di te sono nulla!
Ti ringrazio, Signore,
pieno d’ammirazione, d’essere venuto
a collegarmi con l’eterno,
anzi con il Padre, fonte della vita perenne! Lègami a te, perché io non sia un tralcio reciso, un tralcio senza frutto.
Tieni tu viva in me la coscienza della necessità
della mia comunione con te.
Per questo ti presento tutto il mio bisogno della Parola che mi unisce a te, dell’eucaristia
che mi nutre di te, del comandamento nuovo
che mi collega con i miei fratelli e produce il frutto più prezioso della fraternità,
della testimonianza al tuo nome
che riempie di grappoli maturi il mio tralcio.
Mondami, Signore, con la tua parola, e sostieni il mio impegno di dare frutti duraturi nei campi della fraternità e della venerazione e dell’amore al tuo santo nome, nome di vite, nome di vita, nome di frutti che maturano per l’eternità.
Anche la vite, quando intorno le è stato zappato il terreno, viene legata e tenuta diritta affinché non si pieghi verso terra. Alcuni tralci si tagliano, altri si fanno ramificare: si tagliano quelli che ostentano un’inutile esuberanza, si fanno ramificare quelli che l’esperto agricoltore giudica produttivi. Perché dovrei descrivere l’ordinata disposizione dei pali di sostegno e la bellezza dei pergolati, che insegnano con verità e chiarezza come nella Chiesa debba essere conservata l’uguaglianza, sicché nessuno, se ricco e ragguardevole, si senta superiore, e nessuno, se povero e di oscuri natali, si abbatta o si disperi? Nella Chiesa ci sia per tutti un’unica e uguale libertà, con tutti si usi pari giustizia e identica cortesia.
Per non essere piegato dalle burrasche del secolo e travolto dalla tempesta, ognuno, come fa la vite con i suoi viticci e le sue volute, si stringe a tutti quelli che gli sono vicini quasi in un abbraccio di carità e unito ad essi si sente tranquillo. È la carità che ci unisce a ciò che sta sopra di noi e ci introduce in cielo. «Se uno rimane nella carità, Dio rimane in lui» (1Gv 4,16). Perciò anche il Signore dice: «Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può produrre frutto da solo, se non resta unito alla vite, così anche voi, se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci» (Gv 15,4s.)
(S. Ambrogio).
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