Le croci astili presenti in Cattedrale
Il riferimento è all'episodio evangelico nel quale Gesù, presso il pozzo di Giacobbe, inizia un dialogo con una Samaritana - considerata dagli ebrei una credente non "ortodossa", e inoltre stigmatizzata per la sua una vita moralmente disordinata - facendone emergere i più profondi desideri e aspirazioni, che trovano risposta solo nella fede in Dio.
Lo stesso impegno sarà dei cristiani friulani nel corso dei prossimi mesi. "E' importante metterci in ascolto della cultura del nostro tempo - ha affermato l'Arcivescovo - per discernere i semi del Verbo già presenti in essa, anche al di là dei confini visibili della Chiesa. Ascoltare le attese più intime dei nostri contemporanei, prendere sul serio desideri e ricerche, cercare di capire cosa fa ardere i loro cuori e cosa invece suscita in loro paura e diffidenza. E' importante per poterci fare servi della loro gioia e della loro speranza".
Ecco il Testo integrale dell'omelia:
Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,
lo spirito con cui siamo chiamati a vivere la proposta del nuovo Anno Pastorale è ben delineato da san Paolo nel breve tratto della lettera ai Romani che è stato appena proclamato; esso ci invita a superare ogni timore circa le difficoltà che possiamo incontrare nel testimoniare il Vangelo di Cristo al mondo di oggi. L’Apostolo infatti ci ripete con fermezza: “Chi ci separerà dunque dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? In tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8,35. 37).
La festività dei santi Patroni Ermacora e Fortunato, di cui celebriamo i Primi Vespri, ci è di ulteriore stimolo perché non ci venga mai a mancare il coraggio di proclamare la Parola, giacché ci accompagna e ci assiste sempre lo Spirito del Signore; abbiamo bisogno infatti ogni giorno e in ogni circostanza di una perenne Pentecoste: di fuoco nel cuore, di parola sulle labbra, di profezia nello sguardo.
Per tre anni (2006/2009) abbiamo percorso come diocesi un cammino unitario all’insegna del tema-orizzonte “Comunità cristiane capaci di vivere e trasmettere la fede oggi”.
La scelta, condivisa positivamente dalle parrocchie e dalle foranie, di puntare tutti verso la stessa direzione, seppur con modalità diverse:
- ha reso più visibile una Chiesa-comunione,
- ha sollecitato le parrocchie a mettersi in rete nelle foranie per condividere obiettivi pastorali comuni,
- ha messo in relazione tra di loro gli operatori pastorali,
-è diventata occasione di formazione comune per presbiteri e laici.
L’importanza del cammino fatto, ma certamente non completato, mi spinge tuttavia ad accogliere la proposta dell’Assemblea pastorale diocesana del 9 maggio scorso, di “regalarci ulteriore tempo” per assimilare il tema della “traditio fidei” ed approfondire le esperienze pastorali solamente abbozzate nel triennio che si è appena concluso. Questa maturazione si dimostra necessaria, poiché risulta chiaro che essa non può risultare superficiale, né parziale o incostante. Infatti non si trasmette efficacemente la fede:
- se non si vivono relazioni autentiche con Dio e gli uomini (2006/7);
-se non si ascolta e non si dialoga con la complessità e la fragilità della società contemporanea (2007/8)
-se non si vivono e testimoniano le dinamiche proprie della festa e della festa cristiana (2008/9).
E’ una maturazione che deve coinvolgere non solo gli operatori pastorali, ma l’intera comunità parrocchiale con una costanza nell’impegno tale da offrire la possibilità di consolidare le buone abitudini o prassi pastorali che si sono appena individuate.
C’è la necessità inoltre di maturare una chiara consapevolezza che la trasmissione della fede non si realizza se non ci si immerge nel mondo di oggi, apprendendone i nuovi linguaggi, per cogliere il positivo che avanza e attrezzarci con una capacità di dialogo che ci faccia usare terminologie, gesti ed atteggiamenti in grado di essere colti dai nostri contemporanei.
Per raggiungere questo obiettivo diventa indispensabile mettersi in ascolto delle situazioni vitali delle persone e delle comunità: in altri termini, in ascolto del nostro mondo; ascolto che non avvenga dall’alto o dal di fuori, ma che lo si realizzi, vivendoci dentro.
Mi pare significativo a riguardo di una modalità di ascolto di poter presentare come icona espressiva del prossimo anno pastorale “la Samaritana al pozzo di Giacobbe in dialogo con Gesù”. Egli infatti non solo non disdegna, ma ricerca questo dialogo con una persona che lui sa avere sete di conoscenza e di verità, dentro una vita disastrata; un dialogo che trasformerà la Samaritana in un’autentica “missionaria”, testimone del Messia.
Ciò significa che anche noi dobbiamo promuovere nelle comunità la coscienza di diventare sempre più “Chiesa in missione nel proprio tempo”. Dunque una Chiesa in dialogo con il mondo, guardato “con simpatia”, capace di annunziare in Vangelo a tutti anche, come si usa dire, “uscendo dalla soglia”.
Mi sembra quindi che la domanda che diventa sempre più pressante non è solo quella che chiede “come entro in chiesa, ma come esco dalla chiesa”, con quale proposito. L’aiuto ricevuto dall’ascolto della parola di Dio e dalla partecipazione all’Eucaristia dovrebbe alimentare in noi la passione di una fede vissuta che ci spinge ad incontrare non solo chi entra in chiesa, ma anche chi si sente estraneo, o interessato solo occasionalmente, o che vive in situazioni irregolari, chi non crede più, chi non ha mai creduto o solo pensa di non credere.
Si tratta di iniziare un dialogo come Gesù ha fatto con la Samaritana; sì, perché è lui che inizia il dialogo!
L’opera di evangelizzazione da parte di Gesù è così riassunta nella predicazione di Pietro: «Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nazaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui» (At 10,38). Gesù è passato facendo il bene: ha condotto una vita buona, nel senso che ha aiutato gli altri a far emergere il potenziale di bene e di vita che li abitava, liberandoli dal potere del demonio e risanandoli dalle contraddizioni di cui erano prigionieri. Per questo Egli è stato anche un ascoltatore attento del suo tempo, capace di valorizzare tutto il bene disseminato in Israele e nella cultura del suo popolo.
Il Vangelo è il più grande dono di cui disponiamo noi cristiani. Perciò dobbiamo condividerlo con tutti gli uomini e le donne che sono alla ricerca di ragioni per vivere, di una pienezza della vita e oggi aumenta sempre più il numero di coloro che, nel disorientamento della vita di oggi, si mettono in atteggiamento di ricerca, alle volte, purtroppo, su strade sbagliate.
“Perché – dice il profeta Geremia - il mio popolo ha commesso due iniquità:
essi hanno abbandonato me,
sorgente di acqua viva,
per scavarsi cisterne, cisterne screpolate,
che non tengono l’acqua”. (Ger 2, 13)
E’ importante metterci in ascolto della cultura del nostro tempo, per discernere i semi del Verbo già presenti in essa, anche al di là dei confini visibili della Chiesa. Ascoltare le attese più intime dei nostri contemporanei, prenderne sul serio desideri e ricerche, cercare di capire che cosa fa ardere i loro cuori e cosa invece suscita in loro paura e diffidenza, è importante per poterci fare servi della loro gioia e della loro speranza, secondo l’insegnamento di san Paolo: “Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia…” (2 Cor 1, 24)
Non possiamo affatto escludere, inoltre, che i non credenti abbiano qualcosa da insegnarci riguardo alla comprensione della vita e che dunque, per vie inattese, il Signore possa in certi momenti farci sentire la sua voce attraverso di loro.
Questa prospettiva pastorale così allargata esige in modo ancora più evidente la necessità del coinvolgimento e della corresponsabilità di tutte le componenti ecclesiali e quindi dei laici in particolare.
L’esperienza ecclesiale del “camminare insieme”, presbiteri e laici, secondo l’ecclesiologia del Vaticano II ripresa dal Sinodo udinese V, sta fortunatamente radicandosi sempre più nelle nostre comunità.
Il documento “Il referente pastorale laico. Orientamenti pastorali”, che ho ufficialmente consegnato nella festa dei Santi Patroni del 2008, ha segnato in modo importante il cammino di questo ultimo periodo promuovendo e riconoscendo nella nostra Chiesa locale una ministerialità laicale sempre più diffusa. I mandati ai Referenti foraniali d’ambito e quelli che stanno maturando relativamente ai Referenti di comunità ne sono una prova tangibile.
Si tratta di continuare a testimoniare la comunione e la corresponsabilità in parrocchia, in forania e in diocesi cercando di colmare alcuni ritardi evidenti dovuti ad impostazioni ecclesiologiche divergenti da quelle conciliari e sinodali. Solo formandosi e progettando insieme si potranno produrre forme ecclesiali ed evangeliche valide di trasmissione responsabile della fede.
A questo riguardo mi piace qui sottolineare la presenza anche stasera di alcuni laici che quest’anno si sono resi disponibili a ricevere il “mandato” di referente pastorale, unendosi così alla schiera di coloro che hanno fatto questo passo negli anni precedenti ed in attesa che altri ancora abbiano la generosità di proporsi.
Chiudendo la Lettera Pastorale “Signore sulla tua Parola…”, richiamavo ciò che il Signore disse ad Abramo, il padre di tutti i credenti che sperò contro ogni speranza, quando gli disse.”Esci dalla tua terra e va…” (cf. Gen 12,1).
“La missione è elemento costitutivo ed essenziale del nostro essere Chiesa. Essa non può rimanere chiusa in se stessa, ma con l’assistenza dello Spirito santo essa deve continuare l’annuncio di salvezza ricevuto dagli apostoli. Lo stile della missione per l’annuncio del Vangelo implica che guardiamo con occhi nuovi la realtà e ascoltiamo con amore e empatia gli uomini e le donne, i giovani e gli anziani di oggi. Tutti siamo chiamati a guardare il “mondo” con occhi di amore, per scoprirvi le cose belle o tristi, ma con il desiderio di cogliere i germi del futuro…” e ripeto quanto detto sopra, mettersi in atteggiamento di missione “con il fuoco nel cuore, la parola sulle labbra, la profezia nello sguardo”.
L’anno pastorale 2009/2010, in conclusione, può essere sintetizzato con queste parole:
“Comunità cristiane capaci di vivere e trasmettere la fede oggi.
Al pozzo di Giacobbe per ascoltarsi”.
L’intercessione dei nostri santi Patroni Ermacora e Fortunato, l’assistenza della Vergine Maria, Madre della Chiesa, la lunga schiera dei santi e dei martiri che sono gloria della nostra Chiesa, l’entusiasmo di san Paolo che abbiamo appena commemorato ci infondano coraggio per essere gioiosi testimoni di Cristo per tutto il nostro amato Popolo Friulano.
Mandi e sia lodato Gesù Cristo.
Udine, 11 Luglio 2009
Festa dei santi Patroni
X Pietro Brollo
Arcivescovo di Udine
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