Le hanno provate tutte, i legali della Sodexo Italia Spa e degli altri sette imputati, per smontare il “caso mense” durante la prima udienza svoltasi lunedì 10 febbraio nel tribunale di Udine. L’accusa nei loro confronti è concorso in frode nelle pubbliche forniture, per aver somministrato, in particolare, prodotti di qualità diversa rispetto a quella stabilita nei contratti di appalto con gli enti pubblici del Friuli Venezia Giulia.
A finire a processo sono Antonio Miraglies, 65enne di Napoli residente a Noventa Padovana, Massimiliano Ponton, 57enne di Tricesimo, Francesco Ballan, 57enne di Camposampiero, Gerarda Elisabetta Traine, 64 anni di Tricesimo, Margherita Molinaro, 38enne residente a Cervignano, Licia Pocecco, triestina di 56 anni, Anny Pezzetta, 51enne residente a Buja.
Coinvolti, in veste di parti offese, i Comuni di Udine, Aquileia, Gradisca d’Isonzo, Grado, Maniago, che si sono costituiti parte civile, oltre a Tavagnacco, Tricesimo, Lignano e San Giorgio di Nogaro. Tra le parti offese anche l’Ardis, l’Agenzia regionale per il diritto allo studio, che aveva affidato alla Sodexo il servizio di ristorazione nelle sedi universitarie di Udine, Trieste e Gemona del Friuli.
Il collegio difensivo, formato da Luca Basilio, Federico Plaino, Margherita D’Este, Paolo Persello, Giovanni Belloni, Massimo Vittor e Paolo Pacileo, ha eccepito innanzitutto la competenza territoriale del tribunale di Udine, chiedendo che a occuparsi della vicenda sia il tribunale di Trieste. Non solo, hanno anche chiesto al giudice Paolo Lauteri di non ammettere come parti civili i Comuni coinvolti (sulla base delle novità introdotte dalla legge Cartabia), e di esprimersi rispetto ai contenuti del capo di imputazione. «È troppo generico e manchevole – sono state le parole degli avvocati della difesa –. Si fa riferimento a una condotta illecita degli imputati senza un’indicazione precisa del suo inizio, senza certezze sulle tempistiche in cui si sarebbe consumato il reato».
Per i legali di Sodexo e degli altri imputati il fascicolo dovrebbe tornare alla Procura di Trieste per una rimodulazione del capo di imputazione o, in alternativa, andare in Cassazione, in quanto, a loro avviso, ci sono gli estremi per chiedere «la nullità del decreto di giudizio per indeterminatezza del capo d’imputazione». Posizioni rigettate dal pm e dagli avvocati di parte civile: «La società ha tratto un ingiusto vantaggio a danno delle amministrazioni pubbliche coinvolte», è stata la loro replica. Il giudice Lauteri si è riservato la decisione aggiornando l’udienza al 14 aprile.
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