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venerdì 31 luglio 2009

Commento alla Parola 2 agosto 2009


Giovanni MariaVianney

4 agosto: 150 anni della morte del santo Curato d’Ars. Patrono dei parroci e dei sacerdoti

Contro la sua volontà di farsi prete sembra congiurare l’universo intero: la famiglia povera, il padre ostile, la Rivoluzione che scristianizza la Francia; poi Napoleone lo chiama soldato e lui diserta per non dover servire l’uomo che ha imprigionato papa Pio VII (lo salva il fratello François, arruolandosi al posto suo). Diventa infine prete a 29 anni nell’agosto 1815, mentre gli inglesi portano Napoleone prigioniero a Sant’Elena.

Ma i suoi studi sono stati un disastro, e non solo per la Rivoluzione: è lui che non ce la fa col latino, non sa argomentare né predicare... Per farlo sacerdote c’è voluta la tenacia dell’abbé Charles Balley, parroco di Ecully, presso Lione: gli ha fatto scuola in canonica, l’ha avviato al seminario, lo ha riaccolto quando è stato sospeso dagli studi. Dopo un altro periodo di preparazione, l’ha poi fatto ordinare sacerdote a Grenoble.

E Giovanni Maria Vianney, appena prete, torna a Ecully come vicario dell’abbé Balley, che però muore nel 1817. Allora lo mandano vicino a Bourg-en-Bresse, ad Ars, un borgo con meno di trecento abitanti, che diventerà parrocchia soltanto nel 1821.

Poca gente, frastornata da 25 anni di sconquassi. E tra questa gente lui, con un suo rigorismo male accetto, con la sua impreparazione, tormentato dal sentirsi incapace. Aria di fallimento, angoscia, voglia di andarsene...

Ma dopo alcuni anni ad Ars viene gente da ogni parte. Quasi dei pellegrinaggi. Vengono per lui, conosciuto in altre parrocchie dove va ad aiutare o a supplire parroci, specie nelle confessioni. Le confessioni: ecco perché vengono. Questo curato deriso da altri preti, e anche denunciato al vescovo per le “stranezze” e i “disordini”, è costretto a stare in confessionale sempre più a lungo.

E ormai ascolta anche il professionista di città, il funzionario, la gente autorevole, chiamata ad Ars dai suoi straordinari talenti nell’orientare e confortare, attirata dalle ragioni che sa offrire alla speranza, dai mutamenti che il suo parlare tutto minuscolo sa innescare.

E qui potremmo parlare di successo, di rivincita del curato d’Ars, e di una sua trionfale realizzazione. Invece continua a credersi indegno e incapace, tenta due volte la fuga e poi deve tornare ad Ars, perché lo aspettano in chiesa, venuti anche da lontano.

Sempre la messa, sempre le confessioni, fino alla caldissima estate 1859, quando non può più andare nella chiesa piena di gente perché sta morendo. Paga il medico dicendogli di non venire più: ormai le cure sono inutili. Annunciata la sua morte, "treni e vetture private non bastano più", scrive un testimone. Dopo le esequie il suo corpo rimane ancora esposto in chiesa per dieci giorni e dieci notti. Papa Pio XI lo proclamerà santo nel 1925.

Parole di Giovanni M. Vianney

Sul Sacerdote

Se avessimo fede, vedremmo Dio nascosto nel sacerdote come una luce dietro al vetro, come il vino mescolato all’acqua.

Quando il sacerdote è all’altare o sul pulpito, dovremmo guardarlo come se fosse Dio stesso!

Quanto è grande il sacerdote! Se egli comprendesse, morirebbe…. Dio gli ubbidisce: dice due parole e Nostro Signore scende dal cielo.

Il sacerdote non è sacerdote per sé. Non può assolvere se stesso. Non può amministrare sacramenti a se stesso. Egli non è per se stesso: è per voi.

Sulla sofferenza e la penitenza.

Possiamo diventare santi, se non con l’innocenza, almeno attraverso al penitenza.

Ci lamentiamo della sofferenza; avremmo ben più motivo di lamentarci se non soffrissimo, perché non vi è nulla che ci renda più simili a Nostro Signore. Oh, come è bella l’unione dell’anima con nostro Signore Gesù Cristo attraverso l’amore alla croce!

La Croce è la scala per il cielo.

La Croce è la chiave che apre la porta del cielo.

La Croce è la lampada che illumina il cielo e la terra.

Sulla povertà

Più ci rendiamo poveri per amor di Dio, più siamo veramente ricchi.

Non ho mai visto nessuno rovinarsi facendo opere buone.

Avete voglia di pregare il Buon Dio, di passare la vostra giornata in chiesa; ma pensate che sarebbe molto utile lavorare per i poveri che conoscete e che sono in grande necessità: questo è molto più gradito a Dio della vostra giornata passata ai piedi del santo Tabernacolo.

Se avete tanto, date tanto; de avete poco, date poco; ma date di cuore e con gioia.

Sulla preghiera

La preghiera non è altro che una unione con Dio. In questa intima unione, Dio e l’anima sono come due pezzi di cera che si fondono insieme.

Per pregare bene, non c’è bisogno di parlare tanto. Sappiamo che il Buon Dio è là, nel santo Tabernacolo: gli apriamo il nostro cuore, godiamo della sua santa presenza. È questa la migliore preghiera.

Dobbiamo pregare con molta semplicità e dire: «Mio Dio ecco un’anima molto povera, che non ha niente, non può far niente; fammi la grazia di amarti, di servirti e di riconoscere che sono un nulla».

Come parlava ai bambini e alle persone semplici

Il pesce. Tirate fuori dall’acqua un pesce: non potrà vivere. È così per l’uomo senza Dio!

Il cortile. L’anima che prega poco è come quegli uccelli da cortile che, pur avendo ali tanto grandi, non le sanno adoperare.

Il verme e il bruco. La lingua di un maldicente è come un verme che rode i buoni frutti, un bruco che insudicia i più bei fiori lasciandovi tracce della sua schiuma.

La candela. Avete visto questa notte la mia candela. Questa mattina, ha finito di bruciare. Dov’è andata? Non esiste più, è annientata. Così, i peccati che vengono assoliti, non esistono più, sono annientati.

La pioggia. La preghiera è per l’anima nostra quel che la pioggia è per la terra. Concimate un terreno quanto volete. Se manca la pioggia, tutto quello che potete fare non servirà a niente.

L’ape. Dopo la comunione l’anima si avvolge in un balsamo d’amore, coem l’ape nei fiori.

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