Udine, 25 novembre 2010
L’Avvento, assieme alla Quaresima, è definito un «tempo forte» dell’anno liturgico della Chiesa. È un periodo, di circa quattro settimane, che prepara ogni cristiano ed ogni comunità cristiana a celebrare una delle feste principali della nostra fede: la nascita di Gesù, il Figlio di Dio che si fa uomo.
Prepariamo l’anima al Santo NataleIl S. Natale è annunciato e preparato ogni anno da segni esterni di festa che compaiono lungo le strade dei paesi, attorno e dentro le chiese, in molte scuole e nelle case.
Dovunque, poi, si rinnova la bella tradizione del presepio al quale molte persone si dedicano, in particolare, nel tempo dell’Avvento perché sia pronto il giorno di Natale.
Dovunque, poi, si rinnova la bella tradizione del presepio al quale molte persone si dedicano, in particolare, nel tempo dell’Avvento perché sia pronto il giorno di Natale.
Ho scoperto lo scorso anno quanto sia sentita, in Friuli, la tradizione di creare presepi spesso di valore artistico o di rappresentarli dal vivo coinvolgendo tanta gente Questi preparativi esteriori rivelano quanto il ricordo nella nascita del Signore Gesù sia impresso nei nostri sentimenti più profondi. È una delle tradizioni più care che abbiamo ricevuto dagli antenati e che nutrono la nostra fede e la cultura più autentica della nostra terra. Siamo, però, in un tempo in cui le tradizioni facilmente si indeboliscono e vengono sostituite da mode effimere che durano una stagione. Corre questo rischio anche la celebrazione del S. Natale? Non vorremmo mai che la ricchezza dei suoi simboli, valori e messaggi svanisse nelle famiglie, nelle scuole, nella società. Perché il Natale resti grande festa non bastano i preparativi esteriori. La festa parte dell’anima; per questo il ricordo della nascita del Signore Gesù deve toccare e interessare la nostra anima. Le settimane di Avvento giungono opportune proprio per preparare, prima di tutto, la mente e il cuore a celebrare il S. Natale.
Maria, donna dell’ascoltoIn questo tempo liturgico, la Chiesa ci indica anche un grande esempio da imitare: Maria, la Madre di Gesù. Guardiamo a lei e a come ha accolto nella mente, nel cuore e nel grembo di donna il Figlio di Dio che si è fatto uomo. Ho terminato la Lettera pastorale «Ascolta, figlio, le mie parole» ricordando Maria con il titolo di «donna dell’ascolto» (n. 33). Questa è stata una delle sue più grandi virtù per la quale «ha trovato grazia presso Dio» (Lc 1,29). Possiamo dire che ha potuto diventare Madre di Gesù perché, fin da giovanissima, è stata grande nella capacità di ascoltare e accogliere la Parola di Dio. La visita dell’angelo Gabriele nella sua casa di Nazareth, che le annunciava la volontà di Dio su di lei, la trovò pronta all’ascolto. Nel silenzio del suo animo seppe accogliere le parole divine ed imprevedibili: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù» (v. 20-30). Entrò in dialogo con Dio e gli rispose senza esitazione: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (v. 38). Maria sapeva veramente ascoltare con tutta se stessa, con le orecchie, la mente, il cuore, il suo corpo di vergine. Per questo la Parola eterna di Dio Padre poté prendere possesso di lei e in lei «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Concepì e partorì Gesù che è la Luce e la Parola che viene da Dio per illuminare ogni uomo. Nell’ascolto Maria si preparò al Natale, alla nascita del Salvatore e vi partecipò attivamente. Il suo esempio è la via maestra per prepararci a vivere il S. Natale come una festa viva che entra nella nostra anima e non solo un momento di svago esteriore e un po’ convenzionale.
Avvento: tempo per la Parola di DioDurante il prossimo Avvento proviamo, allora, a dedicare maggior attenzione all’ascolto e alla meditazione della Parola di Dio, secondo quanto ho suggerito nella lettera pastorale e nelle schede che l’accompagnano. Approfittiamo di ogni occasione in cui possiamo accostare li libro della Sacra Scrittura: le celebrazioni liturgiche, altri incontri comunitari, la lettura personale o in famiglia. Quando, però, ci mettiamo davanti alla Parola di Dio ricordiamo sempre l’esempio di Maria. Il Vangelo rivela che ella «ascoltava» con le orecchie e «custodiva» nella mente e nel cuore le parole che Dio faceva giungere a lei; cioè le «meditava» continuamente (Lc 2,19.51). Per questo è stata – per usare il linguaggio della parabola evangelica – il terreno meglio preparato a lasciarsi fecondare dal Seme della Parola di Dio e da lei è spuntato un germoglio nuovo, il Salvatore (Lc 8,4-15). Nella lettera pastorale «Ascolta, figlio, le mie parole» ho ricordato le condizioni per essere un terreno pronto ad accogliere la Parola del Signore (nn. 16-20). Sono le stesse che viveva Maria: «ascoltare» con le orecchie (o leggere), «meditare» con la mente, «custodire» nel cuore. Esse richiedono un clima di silenzio, di raccoglimento e di preghiera. In tale clima spirituale era abitualmente immersa la Vergine come hanno capito gli artisti i quali, nelle tante splendide opere dedicate all’annunciazione, rappresentano Maria in ginocchio davanti all’arcangelo Gabriele che le porta la Parola di Dio. Le schede che sono state preparate per tutta la Diocesi, guidano a vivere l’ascolto della Parola in un contesto di preghiera.
In chi ascolta l’IncarnazioneQuando Gesù trova nei cuori un terreno ben preparato può continuare in noi il miracolo della sua «incarnazione», iniziata nell’anima e nel corpo di Maria. Egli entra in noi con la sua Parola e il suo Santo Spirito e ci trasforma realmente in Lui. Un po’ alla volta, i suoi Pensieri illuminano i nostri pensieri; la sua Carità converte i nostri sentimenti e ci suggerisce le scelte secondo il suo Vangelo. Gesù nasce anche in noi o, meglio, noi rinasciamo in Lui e le persone possono vederlo attraverso le nostre parole e le nostre opere. Diventiamo autentici missionari che portano Gesù, Parola di Dio, nella loro carne, nella loro mentalità, nel loro cuore, nelle loro scelte. Così fece Maria che portò Gesù subito alla cugina Elisabetta e a Giovanni Battista che aveva in grembo. Così hanno fatto i santi nei quali Gesù ha «incarnato» la sua Parola e ha portato frutti secondo il Vangelo (Lc 1, 39-45). Il giorno ultimo della loro vita terrena è diventato il «dies natalis», il loro Natale, perché Gesù si era pienamente «incarnato» in loro e, con Lui, entravano nella vita senza fine. Questa sia la meta anche della nostra esistenza. Questo è il Natale di salvezza di cui ha bisogno la nostra società.
Andrea Bruno Mazzocato
Arcivescovo di Udine
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