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sabato 20 giugno 2009

Commento alla parola domenica 21 giugno 2009


NON AVETE ANCORA FEDE?


Lo schema letterario del vangelo di questa domenica, parte da una situazione di pericolo (la tempesta), passa attraverso l’invocazione fiduciosa dei discepoli spaventati «Maestro, non t’importa che moriamo?», per concludersi con l’intervento di Gesù sulla natura e con la duplice domanda circa la fede: domanda innanzitutto di Gesù: «Non avete ancora fede?», e domanda dei discepoli: «Chi è dunque costui...?». La domanda fondamentale a cui il racconto conduce è proprio quella finale: Chi è Gesù?

La signoria di Gesù sulle acque che tumultuano e minacciano rinvia certamente, nel linguaggio e nel simbolismo biblico, alle acque dell’esodo, quando Dio si rivelò al suo popolo, attraverso Mosè, come “liberatore”’. L’evangelista Matteo, infatti, nella sua redazione dello stesso episodio coglie bene questo parallelismo e usa, a proposito di Gesù, il verbo “salvare”: Gesù si rivela ora il vero “salvatore”! Marco, invece, lascia in sottofondo questo collegamento, per mettere in risalto la “reazione” degli uomini: egli pone al centro dell’attenzione il tema della fede. «Non avete ancora fede?», chiede infatti Gesù ai discepoli. Essi sono ancora dominati dalla loro paura.

E interessante notare che qui sembra esserci, nel testo, una contraddizione: Gesù interroga i discepoli a proposito della loro “fede” proprio quando essi si sono rivolti a lui apparentemente con fede: «Maestro, non t’importa che moriamo?». L’apparente contraddizione scompare se si riflette su quello che muove la “fede” dei discepoli: essi chiedono un intervento “interessato”, ciò che li muove è la preoccupazione per la loro pelle, essi sono ancora dominati dall’interesse a ottenere “qualcosa”.

Così sono anche tante nostre preghiere di domanda, espressione di una fede ancora molto imperfetta e che chiede “miracoli”. Sembra quasi che Gesù, nel testo di Marco, spinga i discepoli d’ogni tempo a una purificazione della loro fede e dell’immagine di Dio che la fonda: il Dio del vero credente sta oltre il mondo degli interessi terreni e le sue “leggi”, e quindi non può essere raggiunto solo a partire da questo mondo.

La fede è essere afferrati da ciò che ci riguarda incondizionatamente. L’uomo è, come ogni altro essere vivente, turbato dalla preoccupazione per molte cose, soprattutto dalla preoccupazione per quelle cose che condizionano la sua vita, come il cibo e la casa. E, a differenza degli altri esseri viventi, l’uomo ha anche bisogni sociali e politici. Molti di essi sono urgenti, alcuni molto urgenti e ognuno di essi può riguardare le cose quotidiane d’importanza essenziale tanto per la vita di ogni singolo uomo, quanto per quella di una comunità. Quando ciò accade, richiede la totale dedizione di colui che risponde affermativamente a questa pretesa; e ciò promette totale realizzazione, anche se tutte le altre esigenze dovessero essere sottomesse a essa o abbandonate per amor suo.

La fede, in quanto essere afferrati da ciò che ci riguarda incondizionatamente, è un atto di tutta la persona. Si verifica al centro della vita personale e abbraccia tutte le sue strutture. La fede è l’atto più profondo e più completo di tutto lo spirito umano [...]. Tutte le funzioni dell’uomo sono riunite nell’atto di fede (P. Tillich).


Apertura dell’Anno Sacerdotale

Il Sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù”, soleva dire il Santo Curato d’Ars. Questa toccante espressione ci permette di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità”: è uno dei pensieri iniziali della lettera con la quale Benedetto XVI introduce la Chiesa all’ANNO SACERDOTALE, che si è aperto il 19 giugno, giornata dedicata alla preghiera per la santificazione del clero. “Penso a tutti quei presbiteri che offrono ai fedeli cristiani e al mondo intero l’umile e quotidiana proposta delle parole e dei gesti di Cristo, cercando di aderire a Lui con i pensieri, la volontà, i sentimenti e lo stile di tutta la propria esistenza”, prosegue il Papa, sottolineando le “innumerevoli situazioni di sofferenza in cui molti sacerdoti sono coinvolti, sia perché partecipi dell’esperienza umana del dolore nella molteplicità del suo manifestarsi, sia perché incompresi dagli stessi destinatari del loro ministero: come non ricordare i tanti sacerdoti offesi nella loro dignità, impediti nella loro missione, a volte anche perseguitati fino alla suprema testimonianza del sangue?”.

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