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domenica 5 giugno 2016

Bollettino agenzia Fides del 4 giugno 2016

AFRICA/CONGO RD - La libertà di manifestazione è a rischio
 

Kinshasa (Agenzia Fides)- La libertà di manifestazione garantita dall’articolo 26 della Costituzione della Repubblica Democratica del Congo è messa seriamente a rischio dalle recenti repressioni di manifestazioni indette dell’opposizione.
Come informa una nota inviata all’Agenzia Fides dalla Rete Pace per il Congo, il 21 maggio, a Kinshasa, la Polizia ha impedito una marcia pacifica indetta per denunciare i massacri di Beni (Nord Kivu). L’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani (BCNUDH) ha parlato di almeno venticinque persone arrestate. Il 26 maggio, le manifestazioni previste sull’insieme del territorio nazionale, per protestare contro la sentenza della Corte costituzionale che potrebbe aprire la strada alla Presidenza a vita di Kabila (vedi Fides 25/5/2016) e per esigere l’organizzazione delle elezioni presidenziali entro i tempi previsti dalla Costituzione (novembre 2016) sono state vietate ovunque, tranne a Kinshasa e a Bukavu. Se a Bukavu la manifestazione si è ben svolta, a Kinshasa è stata dispersa dalla Polizia a causa di un "non rispetto dell’itinerario concordato".
“Il silenzio del Presidente della Repubblica, Joseph Kabila, davanti alle interdizioni e repressioni di molte manifestazioni pacifiche lascia intravedere la sua più totale incapacità di essere il primo garante del rispetto dell’articolo 26 della Costituzione e lascia il via libera al sospetto che sia proprio lui il mandante dei divieti e delle repressioni. Basterebbe una sua sola parola a difesa dell’articolo 26, per dissipare immediatamente tale sospetto” afferma la nota.
“La manifestazione di Kinshasa- prosegue la nota- iniziata con un "carattere tipicamente festivo" con la presenza di bandiere, bande musicali, tamburi, canti, danze, striscioni, slogan, ha dimostrato che il popolo congolese sa manifestare pacificamente e ha confermato che "l’unione fa la forza". Ne consegue che quelle parti politiche e sociali che vogliono un vero cambiamento nella vita politica del Paese, devono necessariamente unire i loro sforzi”.
“La volontà di cambiamento, la fedeltà ai valori costituzionali e democratici, l’unità, la determinazione e la non violenza sono "le uniche armi" di cui può disporre il popolo, per combattere quelle deviazioni politiche che, appoggiandosi sulla corruzione, sulla forza delle armi, sulla violenza e sull’impunità, favoriscono regimi autoritari che difendono interessi di parte o individuali, a scapito del bene comune” conclude la Rete Pace per il Congo che invita la comunità internazionale ad appoggiare la volontà di cambiamento del popolo congolese. (L.M.) (Agenzia Fides 4/6/2016)
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ASIA/PAKISTAN - Universitari cristiani e musulmani si impegnano per i bambini di comunità emarginate
 
Lahore (Agenzia Fides) – Promuovere tolleranza e benevolenza, colmare il divario che distanzia i giovani più poveri da quelli benestanti; abbattere le barriere di religione e casta fra comunità diverse nella società; attivare un cambiamento sociale: queste le finalità di un progetto che ha visto protagonisti gli studenti universitari della facoltà di Scienze manageriali dell’Università di Lahore, in collaborazione con la “Cecil Chaudhry & Iris Foundation”. Come comunicato a Fides, l’iniziativa, denominata “Progetto Youhanabad”, dal nome del quartiere di Lahore dove si tiene, ha coinvolto gli studenti universitari musulmani e cristiani e i bambini cristiani di Youhanabad, area popolata quasi unicamente da famiglie cristiane.
Come racconta a Fides la cattolica Michelle Chaudhry, responsabile della “Cecil Chaudhry & Iris Foundation”, “il Progetto si concentra su una vasta gamma di discipline come la storia, rappresentazione teatrale, narrazione, arte, responsabilità civica. I giovani volontari hanno creato un legame speciale con i bambini appartenenti a comunità emarginate, per aiutarli a sentirsi come parte integrante della più ampia comunità sociale del Pakistan”.
“E’ una bellissima iniziativa per raggiungere i bambini appartenenti a comunità emarginate; questi bambini devono affrontare numerose sfide a causa della loro fede e della intolleranza religiosa nella società. Il Progetto li aiuta ad affrontare l'impatto emotivo e psicologico”, ha proseguito Michelle Chaudhry.
I giovani volontari hanno lavorato diligentemente per instillare un senso di fiducia, amore e speranza, tra questi bambini svantaggiati ed emarginati: “Questo è un impegno concreto per la costruzione di un Pakistan che va oltre la discriminazione sociale e religiosa, l’estremismo religioso e l’abuso dei diritti che violano la dignità umana”, ha concluso Chaudhry.
La Fondazione continua a impegnarsi per sradicare l’ingiustizia nella società, promuovendo lo sviluppo e l’emancipazione dei gruppi svantaggiati ed emarginati, soprattutto appartenenti alle minoranze religiose. (PA) (Agenzia Fides 4/6/2016) 
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ASIA/TURCHIA - Liberato anche l'ultimo accusato per la strage dei cristiani di Malatya. Continuano le manipolazioni intorno al processo
 
Malatya (Agenzia Fides) - Bulent Aral, l'ultimo accusato per la strage di cristiani di Malatya che si trovava ancora in detenzione, è stato posto in libertà nei giorni scorsi, mentre si allunga all'infinito il processo che dovrebbe verificare la sua colpevolezza (la prossima udienza dovrebbe tenersi il 28 giugno). A fine maggio, si sono anche intensificate le operazioni per connettere tale vicenda giudiziaria all'evoluzione del "processo Ergenekon", il cosiddetto processo sullo “Stato profondo", che dal 2008 aveva messo sotto pressione settori dell'apparato militare, accusati di fomentare un complotto ultra-nazionalista contro il governo Erdogan. Allora, a condurre il processo Ergenekon erano a quel tempo anche ambienti giudiziari vicini al movimento Hizmat di Fetullah Gulen, il predicatore e politologo turco a quel tempo alleato di Erdogan, ma che in seguito è entrato in rotta di collisione con l'uomo forte della politica turca, è emigrato negli Usa e è stato etichettato dai circoli turchi filo-governativi come l'artefice di cospirazioni internazionali miranti a colpire la leadership di Erdogan. Lo stesso movimento Hizmat adesso viene etichettato in Turchia come “organizzazione terroristica”, e anche il processo per la strage di Malatya viene condizionato dalle convulsioni e dai ribaltamenti di scenario e di alleanze che connotano l'enigmatica prassi degli apparati turchi.
In sostanza, al momento attuale, alcune testimonianze puntano a avvalorare la tesi secondo cui il processo per la strage dei cristiani era stato manipolato da ambienti vicini a Fetullah Gulen che volevano utilizzarlo per far condannare i propri oppositori.
Il 18 aprile 2007, tre cristiani evangelici - i turchi Necati Aydin e Ugur Yuksel e il tedesco Tilmann Geske - vennero legati e sgozzati nella sede della casa editrice Zirve, di cui erano collaboratori. Intorno agli omicidi, le indagini individuarono un'ampia rete di complicità e di coperture che coinvolgevano membri degli ambienti militari e degli apparati di sicurezza considerati contigui alle strutture occulte dello “Stato profondo”, messe in seguito sotto accusa anche al processo Ergenekon. Secondo le ipotesi portate avanti in un primo momento dall'accusa, la strage era stata compiuta da tali apparati con l'intento mirato di far ricadere la responsabilità su gruppi islamici e quindi, indirettamente, colpire il governo islamista di Erdogan. Poi, con l'evoluzione degli scenari politici turchi e dopo la rottura dei rapporti tra Erdogan e la rete legata a Fetullah Gulen, anche il processo sulla strage di Malatya ha cambiato bruscamente direzione, e i ntorno al caso dei tre cristiani uccisi si sono moltiplicate operazioni di manipolazione politica. Nel giugno 2014 era stato liberato il generale Hursit Tolon, sospettato di essere il mandante degli omicidi, mentre negli ultimi mesi dello stesso anno altri tre detenuti appena liberati avevano iniziato a attribuire il triplice omicidio proprio a membri del movimento Hizmat di Fetullah Gulen. Infine, altri tre detenuti erano stati liberati il 21 gennaio 2015 (vedi Fides 27/1/2015). Dopo quel rilascio, dei venti inizialmente uomini arrestati per la strage rimaneva detenuto in carcere soltanto Bulent Aral, liberato anche lui nei giorni scorsi. (GV) (Agenzia Fides 4/6/12016).

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