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ASIA/SIRIA - Il Presidente siriano Assad incontra il nuovo Patriarca e i Vescovi della Chiesa cattolica greco-melchita | |||
Damasco (Agenzia Fides) – Le Chiesa cattolica greco melchita e le altre Chiese e comunità ecclesiali presenti in Siria hanno giocato un “ruolo importante” a livello nazionale durante il conflitto siriano, soprattutto perchè hanno contribuito a custodire il senso di unità e di appartenenza nazionale di fronte ai tentativi di diffondere “idee estremiste”. E' questo il riconoscimento tributato dal Presidente siriano Bashar al Assad al nuovo Patriarca cattolico greco melchita Youssef, da lui ricevuto a Damasco insieme a una delegazione di Vescovi melchiti, nella giornata di martedì 4 luglio. Il ricevimento presidenziale è avvenuto nella cornice delle cerimonie per l'insediamento del nuovo Patriarca nella sede di Damasco. L'agenzia ufficiale siriana SANA, con i suoi toni consueti, dà notizia dell'incontro riferendo che durante i colloqui è stato celebrato lo spirito del popolo siriano e la capacità delle sue diverse componenti di resistere insieme alla “guerra terroristica”, determinando gli esiti di un conflitto “i cui effetti determineranno le sorti di tutti i popoli della regione”. Il 71enne Youssef Absi è stato eletto Patriarca di Antiochia dei greco-melchiti mercoledì 21 giugno. Nativo di Damasco, possiede anche la cittadinanza statunitense. Appartiene alla Società dei missionari di San Paolo (Padri Paolisti), sorta nel Novecento in seno alla Chiesa cattolica greco-melchita con l'intento di alimentare la vita spirituale dei fedeli soprattutto attraverso la predicazione e le missioni popolari. Prima di essere eletto Patriarca era Arcivescovo titolare di Tarso e Vicario patriarcale a Damasco. Prima dell'inizio del conflitto siriano, le stime più ricorrenti accreditavano in Siria la presenza di circa 235mila cattolici greco melchiti. (GV) Agenzia Fides 5/7/2017) | |||
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ASIA/TURCHIA - Imponenti misure di sicurezza per la celebrazione ecumenica in onore dei Santi Pietro e Paolo a Antiochia | |||
Antakya (Agenzia Fides) – Quest'anno sono state imponenti le misure di sicurezza messe in campo in occasione della celebrazione della festa dei Santi Pietro e Paolo ad Antakya, l'antica Antiochia sull'Oronte, nella provincia turca dell'Hatay. Lo riferisce il padre cappuccino Domenico Bertogli, in un breve resoconto delle celebrazioni inviato all'Agenzia Fides. Anche quest'anno, il centro delle giornate di festa è stata la “Grotta di Pietro”, l'antica chiesa rupestre sul monte Silpius, riaperta alle visite nel 2015, dopo un restauro durato molti anni. Alle 10 del 29 giugno – riferisce padre Bertogli – presso la grotta si è svolta una celebrazione ecumenica presieduta dal Vescovo Kostantin, Igumeno del monastero di S. Elia in Libano – rappresentante di Yohanna X, Patriarca di Antiochia dei siro-ortodossi – e dal Vescovo Paolo Bizzeti, SJ, Vicario apostolico dell'Anatolia. Il Comune di Antakya – avverte p. Bertogli - “ha provveduto alle sedie, all’impianto di amplificazione e ai pullman per portare i fedeli”. Alla celebrazione hanno preso parte, tra gli altri, un archimandrita e 5 sacerdoti ortodossi, 6 sacerdoti cattolici e il reverendo coreano Jakub, pastore protestante di Antakya. Nei loro vari interventi, introdotti dal padre cappuccino Paolo Raffaele Pugliese, Vescovi e sacerdoti si sono soffermati “sull’importanza di questa città” e sul fatto di “vivere uniti nel rispetto e nell’amore". "Si è pregato per la pace in turco, arabo e coreano, con un pensiero particolare alla vici na Siria, martoriata da un’assurda, lunga guerra civile. Veramente” aggiunge il frate cappuccino “è stato un richiamo quanto mai forte a camminare insieme con rinnovata fede, sull’esempio dei due grandi Apostoli”. L'antica chiesa rupestre di San Pietro conserva ancora la fisionomia che le diedero i crociati, che conquistarono l'antica Antiochia sull'Oronte nel 1098. Ma già i bizantini avevano trasformato in cappella il luogo dove si incontravano i primi battezzati nei periodi di persecuzione, nella città dove per la prima volta i discepoli di Gesù furono chiamati cristiani e dove fu Vescovo San Pietro, prima di venire a Roma. Il restauro recente ha posto fine allo stato di abbandono in cui versava la Grotta di Pietro, reso ancora più avvilente da rozzi interventi precedenti. In anni passati, Patriarchi e Vescovi sono stati spesso presenti alle celebrazioni che vi si sono svolte in occasione della solennità dei Santi Pietro e Paolo. (GV) (Agenzia Fides 5/7/2017) | |||
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ASIA/NEPAL - Dopo il terremoto, cresce la fede nel popolo di Dio | |||
Kathmandu (Agenzia Fides) – In un evento tragico come il terremoto, non manca la grazia di Dio: è quanto emerge dal contesto del Nepal dove, dopo il forte sisma del 2015, si è rafforzata la fede nel popolo di Dio: “Il terremoto è stato orribile e spaventoso. Ma nella tragedia ci siamo sentiti vicini l'uno all'altro, abbiamo pregato con costanza, abbiamo messo in moto uno sforzo di solidarietà e ricevuto aiuti da diverse parti del mondo. In tal modo, gradualmente, ci hanno aiutato a ricostruire le nostre vite e i mezzi di sostentamento. Abbiamo sperimentato la resilienza, la pazienza e l'ottimismo, la speranza e il coraggio, anche in un'esperienza così dolorosa. La nostra fede ne è uscita rinsaldata”, racconta a Fides una donna cattolica nepalese di nome Uttara. “Il sisma non ha indebolito l'amore e la solidarietà dei cristiani e dei non-cristiani. Ci ha colpito ricevere aiuti da persone di tutto il mondo, senza alcuna differenza di fede. Siamo stati toccati dal vedere tanto amore e compassione della gente nei nostri confronti: questo ci ha aiutato a renderci conto della misericordia di Dio nella nostra vita” aggiunge un’altra cristiana, Babita, parlando a Fides. Molti uomini e donne, cristiani nepalesi (nel paese i cristiani sono solo l’1,4% della popolazione, dei quali 8.000 cattolici, su circa 30 milioni di abitanti a maggioranza indù), esprimono il medesimo concetto e dicono a Fides che l’evento drammatico del terremoto ha contribuito a rafforzare la loro fede in Dio e a sperimentare concretamente lo spirito di solidarietà. Alla fase di emergenza, assistenza e ricostruzione, hanno cooperato le istituzioni civili, il governo, le Ong, gli enti internazionali, le comunità religiose come la Chiesa cattolica attraverso la Caritas. Sono trascorsi due anni da quel 25 aprile del 2015, quando un terremoto di magnitudo 7.8 ha scosso il Nepal. Oltre 8.500 persone sono morte, oltre mezzo milione di case distrutte, oltre cinque milioni di persone in qualche modo interessate dagli effetti del sisma: si tratta del disastro naturale dagli effetti maggiormente letali della storia del paese. Tra gli organismi cattolici, Caritas India e Nepal e le Caritas di altri paesi occidentali sono state ampiamente coinvolte nell’opera di riabilitazione, nella ricostruzione di abitazioni con criteri e materiali antisismici, in progetti per il sostegno e lo sviluppo delle genti colpite . A due anni dal sisma, numerose famiglie si sono installate in nuove case, ha riferito “Cafod” (Caritas del Regno Unito), spiegando che “la risposta umanitaria include il sostegno a partner locali per organizzare laboratori di formazione professionale con persone appartenenti alle comunità colpite, in modo che possano costruire case più sicure, in grado di sopportare scosse di terremoto”. Le donne, rileva Cafod, hanno subito in modo sproporzionato l’impatto del terremoto e per questo i progetti di riqualificazione educativa e professionale avviati rappresentano “un'ancora di salvezza per loro”. Non mancano programmi per ricostruire le scuole, i sistemi idrici, le aziende agricole. La Caritas, con tutti i suoi partner e agenzie di vari paesi, è tuttora impegnata in progetti e iniziative che mirano a restituire dignità delle persone colpite e aiutare i sopravvissuti a ricostruire un futuro prospero. (SD-PA) (Agenzia Fides 5/7/2017) | |||
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AMERICA/VENEZUELA - “Bisogna rispettare i diritti umani in Venezuela” chiede Mons. Padron; un altro giovane morto negli scontri | |||
Bogotà (Agenzia Fides) – Il Presidente della Conferenza Episcopale del Venezuela (CEV), l’Arcivescovo di Cumaná, Mons. Diego Rafael Padrón Sanchez, ha ricordato che la crisi sociale e politica nel suo paese è "molto grave" e che serve con urgenza un dialogo tra il governo e l'opposizione per evitare ulteriori morti. Mons. Padron Sanchez ha fatto queste dichiarazioni parlando con la stampa colombiana, durante la sua visita ai Vescovi della Colombia riuniti a Bogotà per la loro 103ma Assemblea Plenaria. "Che la crisi venezuelana sia molto grave lo dimostrano i tre mesi di proteste continue" ha commentato Mons. Padrón Sánchez, sottolineando che manca chiarezza sulla questione dei diritti umani. Attualmente si parla di circa 85 persone, soprattutto giovani, che sono morti durante le proteste, ma non c’è alcun registro o informazioni precise su questi casi. "Riusciamo a conoscere queste notizie dal racconto della gente… c'è anche un gran numero di accuse di violazioni dei diritti umani sotto forme mai pensate e in ogni senso" ha denunciato l'Arcivescovo di Cumaná, secondo le informazioni pervenute a Fides. Mons. Padron ha negato che la Chiesa in Venezuela sia perseguitata, ma ha riconosciuto che il suo lavoro viene ostacolato. "In questo momento ciò di cui il Venezuela ha bisogno non è una nuova Costituzione, ma che i problemi di cibo, medicine, libertà e rispetto della dignità umana vengano risolti" ha concluso. Nella diocesi venezuelana di San Cristóbal, Sua Ecc. Mons. Mario Moronta ha intanto pubblicato un comunicato per vietare l’uso delle parrocchie e dei locali annessi per il referendum del 16 luglio, organizzato dagli organi del governo nella zona, per decidere se sostenere o meno la contestata Assemblea Nazionale Costituente. “Si tratta di un'attività eminentemente politica e di partito - si legge nel comunicato -. I leader possono farlo, se lo desiderano, nelle aree pubbliche aperte, ma non in chiese, cappelle, luoghi di culto o nei loro cortili o nelle vicinanze". Ieri nel comune di Cardenas (Tachira), un giovane di 25 anni è morto durante uno scontro con la Guardia Nazionale durante le manifestazioni in questa zona. Non è stata ancora chiarita la vicenda, ma sembra che sia stato colpito da un lacrimogeno. (CE) (Agenzia Fides, 05/07/2017) | |||
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AMERICA/STATI UNITI - Il Card. Tobin: “Noi cattolici americani siamo una Chiesa di migranti” | |||
Orlando (Agenzia Fides) – Nel contesto della chiusura del più grande incontro di cattolici nord americani svoltosi ad Orlando, negli Stati Uniti d’America, al quale hanno partecipato più di 3 mila persone, l'Arcivescovo di Newark (New Jersey), il Card. Joseph William Tobin C.Ss.R. ha rilasciato un'intervista al quotidiano La Croix in cui sottolinea la forza dell'identità cristiana dinanzi alla crisi che vivono oggi molti paesi. "Come seguaci di Gesù, dobbiamo fare attenzione a non escludere gli altri – afferma il Cardinale -. Il clima di insicurezza ha provocato un patriottismo esagerato negli Stati Uniti. Ognuno si identifica prima di tutto come un americano piuttosto che come discepolo di Gesù. Tutto ciò che passa avanti alla nostra identità cristiana, diventa idolatria. E noi stessi, cattolici americani, siamo presi da questo rischio". Alla domanda sui rapporti della Chiesa con il Presidente Trump, il Card.Tobin risponde: "Donald Trump è un uomo d'affari. Dice che cerca sempre di concludere un accordo. I Vescovi devono stare attenti, perché farà vedere di essere contro l'aborto, che non li costringerà a sostenere la contraccezione ... E in cambio, chiede il silenzio sulle sue parole così irrispettose degli altri o sul fatto di riportare alla frontiera i migranti. E' pericoloso. Noi cattolici americani siamo una Chiesa di migranti. Abbiamo sempre lavorato a loro favore”. (CE) (Agenzia Fides, 05/07/2017) |
Filippesi 1,4 ... e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, prego con gioia...
mercoledì 5 luglio 2017
Agenzia fides 5 luglio 2017
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