Aveva appena curato la mostra su Cromazio d’Aquileia
L’architetto Leonardo Mian
è morto a 51 anni
UDINE. Ieri era il giorno dell’inaugurazione della sua ultima “opera”, la mostra Cromazio d’Aquileia. Al crocevia di Genti e Religioni, una rassegna che non ha potuto vedere animata dalle migliaia di visitatori attesi. Perché nelle prime ore di ieri l’architetto Leonardo Miani è morto. Udinese, 51 anni, se n’è andato nel sonno, colto da un infarto.
Professionista molto noto in Friuli, lascia il suo segno, essenziale ma mai freddo, al Caffè Contarena di cui ha curato la ristrutturazione nel 1991, nel fonte battesimale del battistero del Duomo di Udine e anche in Burkina Faso. Ma non solo. Nato a Firenze nel 1957, Miani frequenta le scuole medie alla Ellero, il liceo classico Stellini e poi sceglie Venezia, dove si laurea in architettura. Già durante gli studi e dopo la laurea, dal 1977 e fino al 1988, collabora con uno dei progettisti dell’architettura italiana del Novecento, l’udinese Gianni Avon con cui svolge anche l’apprendistato.
Nel 1987 apre il proprio studio in centro, in vicolo Di Lenna, nello stesso edificio dove vive con la moglie Anna Frangipane, docente alla facoltà di ingegneria dell’ateneo friulano e con i loro due figli, Lucia, 17 anni e Guido, 15. Sono quelli gli anni in cui Miani dà forma alla sua creatività, progettando abitazioni, strutture pubbliche e private, ristrutturazioni e recuperi urbani, restauri, anche di edifici sacri, allestimenti teatrali e di mostre.
«Era un uomo dai molteplici interessi, dal teatro alla solidarietà, schivo, discreto, sobrio, elegante». Così lo racconta l’amico di una vita, Ciro Carano, incontrato tra i banchi di scuola e mai perso di vista. «Amava il teatro – prosegue Carano – e già alle superiori faceva lo scenografo per il palio studentesco, una passione che portò avanti collaborando, per esempio, con amici come Claudio de Maglio. Amava poi parlare della sua collaborazione con il Centro missionario diocesano di Gorizia, con cui ha progettato e realizzato chiese e strutture sanitarie in Togo, in Burkina Faso e in Costa D’Avorio, perché spiegava di come lo arricchisse umanamente l’incontro con le persone del posto». Carano, amico della famiglia Miani, sotto choc, chiusa in uno stretto e rispettoso silenzio, descrive l’architetto citando il titolo di un articolo: “Leonardo Miani, la forza della discrezione”. «Leonardo era così – prosegue l’amico –, gli piaceva il lineare, il bello senza fronzoli, l’essenziale pieno di luce. E il minimalismo era la cifra della sua persona».
E oggi il suo pensiero va agli anni della scuola, a un disegno che rappresenta Miani. «Sul banco tratteggiò la linea dell’orizzonte e una piccola casa, una casetta da dove si intravvedeva uscire il fumo di un camino. Non si vedeva altro, eppure il disegno dava sensazioni di calore e dolcezza, di umanità e felicità. Era una persona rara, credeva nella famiglia, nell’amicizia, in Dio e, seppur discreto, colpiva chiunque lo incontrasse». Miani lascia la moglie, i figli, i genitori Gabriella e Paolo, già primario di oculistica all’ospedale di Udine e due sorelle, Flavia, medico oculista e Francesca, funzionario di banca.
Ieri Miani è stato ricordato all’inaugurazione della mostra Cromazio d’Aquileia e a lui verrà tributato l’ultimo saluto domani alle 12 nella chiesa di San Marco, la parrocchia della sua infanzia.
Filippesi 1,4 ... e sempre, in ogni mia preghiera per tutti voi, prego con gioia...
sabato 8 novembre 2008
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