AFRICA/MALAWI - “Il bilancio statale dia priorità alle vittime delle alluvioni” chiede “Giustizia e Pace”
Lilongwe (Agenzia Fides) - “Vi esortiamo, onorevoli parlamentari, a prendere in considerazione la grave situazione di coloro che sono stati colpiti dalle inondazioni e dalla siccità. Attraverso l’elaborazione del budget attualmente in corso, potrete aiutare le persone colpite in modo da restaurare le loro condizioni di vita. Si può inoltre rafforzare la capacità di produrre cibo fornendo loro le risorse per supportare il raccolto invernale” ha affermato p. Emmanuel Chimombo, Segretario Generale facente funzioni della Commissione Episcopale “Giustizia e Pace” del Malawi durante un incontro con i parlamentari cattolici.
Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, il meeting si è tenuto nel momento in cui il Parlamento del Malawi sta discutendo il bilancio dello Stato per l’anno fiscale 2015-2016. “Giustizia e Pace” ha colto l’occasione per ricordare che una delle priorità dello Stato deve essere l’aiuto alle popolazioni colpite dalle alluvioni di gennaio, quando due settimane di piogge intense hanno provocato 275 morti e costretto allo sfollamento più di 230.000 persone in 15 dei 28 distretti del Paese (vedi Fides 17/3/2015). A causa delle inondazioni oltre 64.000 ettari di terra coltivabile sono stati devastati in un Paese dove l’agricoltura rappresenta il 30% del Prodotto Interno Lordo. Nei mesi seguenti è stata invece la siccità a distruggere i raccolti al punto che manca il 30% del cibo occorrente (vedi Fides 1/4/2015).
La Commissione Episcopale “Giustizia e Pace” ha elaborato un’analisi che sottolinea come il budget statale deve essere finalizzato a mettere in atto piani di recupero a medio e lungo termine, che vadano quindi oltre la fase di risposta immediata all’emergenza. (L.M.) (Agenzia Fides 22/5/2015)
Secondo le informazioni pervenute all’Agenzia Fides, il meeting si è tenuto nel momento in cui il Parlamento del Malawi sta discutendo il bilancio dello Stato per l’anno fiscale 2015-2016. “Giustizia e Pace” ha colto l’occasione per ricordare che una delle priorità dello Stato deve essere l’aiuto alle popolazioni colpite dalle alluvioni di gennaio, quando due settimane di piogge intense hanno provocato 275 morti e costretto allo sfollamento più di 230.000 persone in 15 dei 28 distretti del Paese (vedi Fides 17/3/2015). A causa delle inondazioni oltre 64.000 ettari di terra coltivabile sono stati devastati in un Paese dove l’agricoltura rappresenta il 30% del Prodotto Interno Lordo. Nei mesi seguenti è stata invece la siccità a distruggere i raccolti al punto che manca il 30% del cibo occorrente (vedi Fides 1/4/2015).
La Commissione Episcopale “Giustizia e Pace” ha elaborato un’analisi che sottolinea come il budget statale deve essere finalizzato a mettere in atto piani di recupero a medio e lungo termine, che vadano quindi oltre la fase di risposta immediata all’emergenza. (L.M.) (Agenzia Fides 22/5/2015)
AFRICA/CONGO RD - La società civile denuncia il ruolo ambiguo dell’esercito nei massacri nel territorio di Beni
Kinshasa (Agenzia Fides) - “Nel territorio di Beni, nel Nord Kivu (est della Repubblica Democratica del Congo) la popolazione continua ad essere vittima di massacri e furti” afferma una nota inviata all’Agenzia Fides dalle Rete Pace per il Congo. Dall’8 al 13 maggio, in soli 5 giorni, sono state assassinate ben 35 persone. Generalmente, le vittime sono uccise all’arma bianca: nel tardo pomeriggio, quando rientrano dal lavoro nei campi, o di notte, sorprese in pieno sonno. Intensificatisi nelle ultime settimane, gli attacchi sono attribuiti a un gruppo armato d’origine ugandese, le Forze Democratiche Alleate (ADF).
Spesso però, questi massacri avvengono in zone "controllate" dall’esercito nazionale e in prossimità di basi militari. Un ribelle ADF arrestato e interrogato ha rivelato l’esistenza di una rete di appoggio alle ADF guidata da un ufficiale superiore delle FARDC (le forze armate congolesi). L’ultimo massacro, quello di Mapiki e Sabu, avvenuto il 13 maggio, è stato compiuto meno di 24 ore dopo la visita del Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni, Evariste Boshab, a Beni, per una missione di valutazione della situazione di insicurezza nella regione (vedi Fides 18/5/2015).
In seguito a queste constatazioni, la popolazione locale si sente abbandonata dall’autorità centrale dello Stato, mette in dubbio l’efficacia dell’esercito che dimostra di essere incapace di assicurare la sua sicurezza e sospetta alcuni vertici militari di complicità con le ADF.
Per questo la popolazione chiede: la sostituzione del comando militare dell’operazione Sokola 1 condotta contro le ADF; l’intensificazione delle operazioni militari contro le ADF; il rafforzamento della presenza della polizia sul territorio; il rafforzamento dei servizi di intelligence; l’apertura di inchieste su eventuali complicità militari e civili con le ADF; la ripresa della collaborazione militare con le forze della MONUSCO (Missione ONU nella RDC). (L.M.) (Agenzia Fides 22/5/2015)
Spesso però, questi massacri avvengono in zone "controllate" dall’esercito nazionale e in prossimità di basi militari. Un ribelle ADF arrestato e interrogato ha rivelato l’esistenza di una rete di appoggio alle ADF guidata da un ufficiale superiore delle FARDC (le forze armate congolesi). L’ultimo massacro, quello di Mapiki e Sabu, avvenuto il 13 maggio, è stato compiuto meno di 24 ore dopo la visita del Vice Primo Ministro e Ministro degli Interni, Evariste Boshab, a Beni, per una missione di valutazione della situazione di insicurezza nella regione (vedi Fides 18/5/2015).
In seguito a queste constatazioni, la popolazione locale si sente abbandonata dall’autorità centrale dello Stato, mette in dubbio l’efficacia dell’esercito che dimostra di essere incapace di assicurare la sua sicurezza e sospetta alcuni vertici militari di complicità con le ADF.
Per questo la popolazione chiede: la sostituzione del comando militare dell’operazione Sokola 1 condotta contro le ADF; l’intensificazione delle operazioni militari contro le ADF; il rafforzamento della presenza della polizia sul territorio; il rafforzamento dei servizi di intelligence; l’apertura di inchieste su eventuali complicità militari e civili con le ADF; la ripresa della collaborazione militare con le forze della MONUSCO (Missione ONU nella RDC). (L.M.) (Agenzia Fides 22/5/2015)
AFRICA/EGITTO - Il Patriarca Tawadros interviene alla conferenza sulla “diaspora copta”
Il Cairo (Agenzia Fides) - “Dobbiamo farci carico di tutte le domande e le richieste che vengono dal nostro popolo”. E' questo il messaggio che il Patriarca copto ortodosso Tawadros II ha voluto lanciare intervenendo giovedì 21 maggio alla prima Conferenza da lui convocata per affrontare tutti i problemi connessi allo sviluppo delle comunità copte in diaspora, che raccolgono il crescente numero di cristiani copti emigrati dall'Egitto per vivere stabilmente in altri Paesi.
Il programma della conferenza – che si tiene nel Monastero di San Paolo eremita, non lontano dal Mar Rosso - intende delineare alcuni criteri-guida per lo sviluppo delle comunità copte sparse nel mondo per i prossimi 25 anni. Nel suo intervento, Papa Tawadros ha sottolineato la necessità di operare in modo che le strutture ecclesiastiche e canoniche siano sempre poste al servizio delle dinamiche vitali in atto nella compagine ecclesiale, dovunque essa sia presente. (GV) (Agenzia Fides 22/5/2015).
Il programma della conferenza – che si tiene nel Monastero di San Paolo eremita, non lontano dal Mar Rosso - intende delineare alcuni criteri-guida per lo sviluppo delle comunità copte sparse nel mondo per i prossimi 25 anni. Nel suo intervento, Papa Tawadros ha sottolineato la necessità di operare in modo che le strutture ecclesiastiche e canoniche siano sempre poste al servizio delle dinamiche vitali in atto nella compagine ecclesiale, dovunque essa sia presente. (GV) (Agenzia Fides 22/5/2015).
AFRICA/MALAWI - Il Villaggio del sole: centro di assistenza e accompagnamento per i bambini più bisognosi
Dedza (Agenzia Fides) – Il Malawi è una striscia di terra dell’Africa orientale abitata da circa 15 milioni di persone dove mancano cibo, acqua, strutture medico sanitarie e dove dilaga l’Aids tra grandi e piccoli. Tra le tante associazioni umanitarie impegnate a portare aiuti a questa martoriata popolazione, c’è il gruppo di volontariato “S.O.S. Infanzia Negata”, nato nel 2004 e dal 2008 coinvolto in progetti di sviluppo nel Paese africano, in particolare nella diocesi di Dedza. Don Alfonso Raimo, presidente dell’associazione, racconta all’Agenzia Fides come decisero di intervenire in Malawi. “Ad attirare la nostra attenzione fu la condizione deplorevole dei bambini di quello che è considerato uno dei più poveri Paesi del mondo. Decidemmo così di dar vita al ‘Progetto Malawi’ che a Dedza tendeva a far fronte ad una emergenza, sanitaria e scolastica. La situazione del piccolo Stato africano è drammatica, la percentuale dei bambini colpiti dall’AIDS per trasmissione ver ticale e degli orfani a causa del virus è terrificante” aggiunge padre Raimo.
“Il Progetto - continua il sacerdote - fu concepito come collaborazione alla Commissione Diocesana per la Salute della diocesi di Dedza, e prevedeva il sostegno alle diverse iniziative a favore dei bambini poveri e ammalati assistiti nei centri medici diocesani. A causa della rapida diffusione del virus, molti genitori muoiono lasciando bambini soli, senza nessuno che si prenda cura di loro, e la cui fragile esistenza deve fare, inoltre, i conti con la mancanza di cibo, acqua potabile, con malaria, colera e con altre malattie endemiche. La diocesi di Dedza garantisce l’assistenza sanitaria attraverso alcuni presidi sanitari dislocati su un vasto territorio. Strutture anguste, scarsi mezzi e materiale obsoleto rendono vani gli sforzi del ridotto personale” racconta don Raimo. “Per l’anno in corso abbiamo un progetto che prevede la costruzione del ‘Villaggio del sole’ che ospiterà e curerà i bambini più bisognosi dai 2 ai 5/6 anni. E’ pensato come un centro di assistenza e acco mpagnamento diurno, con possibilità di residenza, nel quale offrire a bambini particolarmente bisognosi, assistenza sanitaria, nutrimento e stimoli didattici, senza sradicarli dai contesti di origine.” “E’ necessario muoversi in fretta perché le urgenze sono tante e le devastanti alluvioni che colpiscono periodicamente il Paese continuano a fare numerose vittime, soprattutto tra i bambini” conclude il sacerdote. (AP/AR) (22/5/2015 Agenzia Fides)
“Il Progetto - continua il sacerdote - fu concepito come collaborazione alla Commissione Diocesana per la Salute della diocesi di Dedza, e prevedeva il sostegno alle diverse iniziative a favore dei bambini poveri e ammalati assistiti nei centri medici diocesani. A causa della rapida diffusione del virus, molti genitori muoiono lasciando bambini soli, senza nessuno che si prenda cura di loro, e la cui fragile esistenza deve fare, inoltre, i conti con la mancanza di cibo, acqua potabile, con malaria, colera e con altre malattie endemiche. La diocesi di Dedza garantisce l’assistenza sanitaria attraverso alcuni presidi sanitari dislocati su un vasto territorio. Strutture anguste, scarsi mezzi e materiale obsoleto rendono vani gli sforzi del ridotto personale” racconta don Raimo. “Per l’anno in corso abbiamo un progetto che prevede la costruzione del ‘Villaggio del sole’ che ospiterà e curerà i bambini più bisognosi dai 2 ai 5/6 anni. E’ pensato come un centro di assistenza e acco mpagnamento diurno, con possibilità di residenza, nel quale offrire a bambini particolarmente bisognosi, assistenza sanitaria, nutrimento e stimoli didattici, senza sradicarli dai contesti di origine.” “E’ necessario muoversi in fretta perché le urgenze sono tante e le devastanti alluvioni che colpiscono periodicamente il Paese continuano a fare numerose vittime, soprattutto tra i bambini” conclude il sacerdote. (AP/AR) (22/5/2015 Agenzia Fides)
ASIA/SIRIA - Rapito padre Jacques Murad, della stessa comunità di padre Paolo Dall'Oglio
Homs (Agenzia Fides) – Il sacerdote Jacques Murad, Priore del Monastero di Mar Elian, è stato rapito da alcuni sequestratori che lo hanno prelevato dal Monastero sotto la minaccia delle armi. Secondo alcune fonti locali, contattate dall’Agenzia Fides, il sequestro sarebbe avvenuto lunedì 18 maggio, mentre altre fonti sostengono che il sacerdote è stato rapito nella giornata di giovedì 21 maggio. La notizia è stata confermata oggi dall’arcidiocesi siro cattolica di Homs, che ha chiesto a tutti i fedeli di invocare il Signore nella preghiera affinchè padre Jacques sia liberato e possa tornare alla sua vita di preghiera, al servizio dei fratelli e di tutti i siriani. Secondo alcune fonti locali, insieme a padre Jacques sarebbe stato prelevato dai rapitori anche il diacono Boutros Hanna. Ma tale indiscrezione non è stata al momento confermata dall’arcidiocesi siro-cattolica di Homs.
Secondo le prime ricostruzioni, il rapimento è stato realizzato da uomini armati giunti in moto al Monastero di Mar Elian. I sequestratori hanno costretto padre Jacques a mettersi alla guida della propria auto e, sotto la minaccia delle armi, gli hanno imposto di dirigersi verso una destinazione sconosciuta.
Fonti locali consultate da Fides ipotizzano che dietro il rapimento ci siano gruppi salafiti presenti nella zona, che si sono sentiti rafforzati dai recenti successi dei jihadisti di al-Nusra e dello Stato Islamico in territorio siriano.
Padre Jacques Murad è Priore del Monastero di Mar Elian e parroco della comunità di Qaryatayn, 60 chilometri a sud est di Homs. L'insediamento monastico, collocato alla periferia di Quaryatayn, rappresenta una filiazione del Monastero di Deir Mar Musa al Habashi, rifondato dal gesuita italiano p. Paolo Dall'Oglio, rapito anche lui il 29 luglio 2013 mentre si trovava a Raqqa, capoluogo siriano da anni sotto il controllo dei jihadisti dello Stato Islamico.
Negli anni del conflitto, la città di Qaryatayn era stata più volte conquistata da miliziani anti-Assad e bombardata dall'esercito siriano. Proprio padre Jacques, insieme a un avvocato sunnita, avevano assunto la funzione di mediatori per garantire che il centro urbano di 35mila abitanti fosse risparmiato per lunghi periodi dagli scontri armati.
Nel Monastero sono stati ospitati centinaia di rifugiati, compresi più di cento bambini sotto i dieci anni. Padre Jacques e i suoi amici hanno provveduto a trovare il necessario per la loro sopravvivenza anche ricorrendo all'aiuto di donatori musulmani.
Bastano questi pochi cenni a far intuire quale oasi di carità rappresenti il Monastero di Mar Elian per tutto il popolo siriano, massacrato da una guerra assurda, alimentata dall'esterno. (GV) (Agenzia Fides 22/5/2015).
Secondo le prime ricostruzioni, il rapimento è stato realizzato da uomini armati giunti in moto al Monastero di Mar Elian. I sequestratori hanno costretto padre Jacques a mettersi alla guida della propria auto e, sotto la minaccia delle armi, gli hanno imposto di dirigersi verso una destinazione sconosciuta.
Fonti locali consultate da Fides ipotizzano che dietro il rapimento ci siano gruppi salafiti presenti nella zona, che si sono sentiti rafforzati dai recenti successi dei jihadisti di al-Nusra e dello Stato Islamico in territorio siriano.
Padre Jacques Murad è Priore del Monastero di Mar Elian e parroco della comunità di Qaryatayn, 60 chilometri a sud est di Homs. L'insediamento monastico, collocato alla periferia di Quaryatayn, rappresenta una filiazione del Monastero di Deir Mar Musa al Habashi, rifondato dal gesuita italiano p. Paolo Dall'Oglio, rapito anche lui il 29 luglio 2013 mentre si trovava a Raqqa, capoluogo siriano da anni sotto il controllo dei jihadisti dello Stato Islamico.
Negli anni del conflitto, la città di Qaryatayn era stata più volte conquistata da miliziani anti-Assad e bombardata dall'esercito siriano. Proprio padre Jacques, insieme a un avvocato sunnita, avevano assunto la funzione di mediatori per garantire che il centro urbano di 35mila abitanti fosse risparmiato per lunghi periodi dagli scontri armati.
Nel Monastero sono stati ospitati centinaia di rifugiati, compresi più di cento bambini sotto i dieci anni. Padre Jacques e i suoi amici hanno provveduto a trovare il necessario per la loro sopravvivenza anche ricorrendo all'aiuto di donatori musulmani.
Bastano questi pochi cenni a far intuire quale oasi di carità rappresenti il Monastero di Mar Elian per tutto il popolo siriano, massacrato da una guerra assurda, alimentata dall'esterno. (GV) (Agenzia Fides 22/5/2015).
ASIA/PAKISTAN - 106 incriminati per l’omicidio dei due cristiani arsi vivi: “Un passo verso la giustizia”
Faisalabad (Agenzia Fides) – “E’ un passo avanti verso la giustizia. Speriamo e auspichiamo che sia fatta giustizia in un caso che ha sconvolto la comunità cristiana in Pakistan”: così padre Waseem Walter, Direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Pakistan, commenta all’Agenzia Fides la notizia che un tribunale antiterrorismo ha incriminato ufficialmente 106 persone per l'omicidio di una coppia cristiana, Shahzad e Shama Masih, linciati e bruciati vivi dopo essere stati accusati di blasfemia a novembre del 2014 nella città di Kot Radha Kishan, in Punjab.
I due avevano quattro figli e Shama era incinta. Sono stati segregati, percossi e bruciati in un forno di mattoni da un folla di musulmani che li accusavano di aver bruciato pagine del Corano. L'incidente suscitò l'indignazione internazionale.
Secondo la ricostruzione basata su alcune testimonianze acquisite dal tribunale, tre capi religiosi delle moschee locali sono accusati di aver istigato una folla di circa 400 musulmani a linciare i due coniugi, dopo aver rinvenuto alcune pagine del Corano bruciate nei pressi della loro abitazione. La folla avrebbe chiesto a Masih e alla moglie di convertirsi all'islam o di affrontare le conseguenze di un’azione di blasfemia. I due si sono rifiutati. Sono stati rinchiusi e sequestrati per una notte, poi dati in pasto alla folla che li ha uccisi.
Le 106 persone accusate ieri sono state condotte dinanzi al giudice di Lahore fra rigorose misure di sicurezza. Si ritiene che altri 32 sospetti siano ancora a piede libero. Il tribunale ha confermato l’incriminazione per l'omicidio. Non tutti si sono dichiarati colpevoli. Secondo la polizia, oltre ai tre imam Mohammad Hussain, Arshad Baloch e Noorul Hassan, anche Yousaf Gujjar, il padrone della fornace di mattoni, ha incitato la folla.
Come appreso da Fides, gli avvocati cristiani ritengono questo processo un passo fondamentale per mostrare che la giustizia in Pakistan è uguale per tutti e non fa discriminazioni quando le vittime appartengono alle minoranze religiose. (PA) (Agenzia Fides 22/5/2015)
I due avevano quattro figli e Shama era incinta. Sono stati segregati, percossi e bruciati in un forno di mattoni da un folla di musulmani che li accusavano di aver bruciato pagine del Corano. L'incidente suscitò l'indignazione internazionale.
Secondo la ricostruzione basata su alcune testimonianze acquisite dal tribunale, tre capi religiosi delle moschee locali sono accusati di aver istigato una folla di circa 400 musulmani a linciare i due coniugi, dopo aver rinvenuto alcune pagine del Corano bruciate nei pressi della loro abitazione. La folla avrebbe chiesto a Masih e alla moglie di convertirsi all'islam o di affrontare le conseguenze di un’azione di blasfemia. I due si sono rifiutati. Sono stati rinchiusi e sequestrati per una notte, poi dati in pasto alla folla che li ha uccisi.
Le 106 persone accusate ieri sono state condotte dinanzi al giudice di Lahore fra rigorose misure di sicurezza. Si ritiene che altri 32 sospetti siano ancora a piede libero. Il tribunale ha confermato l’incriminazione per l'omicidio. Non tutti si sono dichiarati colpevoli. Secondo la polizia, oltre ai tre imam Mohammad Hussain, Arshad Baloch e Noorul Hassan, anche Yousaf Gujjar, il padrone della fornace di mattoni, ha incitato la folla.
Come appreso da Fides, gli avvocati cristiani ritengono questo processo un passo fondamentale per mostrare che la giustizia in Pakistan è uguale per tutti e non fa discriminazioni quando le vittime appartengono alle minoranze religiose. (PA) (Agenzia Fides 22/5/2015)
ASIA/INDONESIA - Non è più obbligatorio indicare la religione sulla carte di identità
Giacarta (Agenzia Fides) – Non è più obbligatorio in Indonesia indicare la religione sulla carta di identità. I cittadini indonesiani, alla voce “religione” del documento, potranno lasciare uno spazio in bianco oppure indicare una fede anche al di fuori delle sei riconosciute ufficialmente dallo stato. Lo ha annunciato il ministro dell'Interno Tjahjo Kumolo, affermando che la disposizione è stata inoltrata a tutti i capi distretto. Secondo la Costituzione indonesiana, sono solo sei le religioni ufficialmente riconosciute dal governo: Islam, Protestantesimo, Cattolicesimo, Induismo, Buddismo e Confucianesimo. Finora i cittadini indonesiani hanno dovuto obbligatoriamente indicare sulla propria carta di identità uno di questi sei culti, indipendentemente dalle loro effettive convinzioni (come per gli atei, gli animisti, etc).
Tjahjo, membro dell’esecutivo del Presidente Joko Widodo, ha riferito che uno dei motivi principali per il cambio della regola è avere la precisa informazione dei riti funerari da osservare in caso di morte di una persona.
“Non bisogna forzare le persone, ad esempio, a scegliere l'Islam se la loro fede assomiglia insegnamenti islamici ma non è la stessa”, ha detto Tjahjo, spiegando che il suo ministero ha vagliato consigli e input da diversi leader, forum e enti religiosi, come Consiglio degli Ulema indonesiani e il Ministero degli affari religiosi, prima di giungere a questa decisione.
Pur se presentata come una “mossa amministrativa”, si tratta di un grande passo avanti in nome della libertà religiosa per gli indonesiani di tutte le fedi. Alfiere di tale modifica è stato Basuki Tjahaja Purnama, politico cristiano, governatore del distretto della capitale Giacarta. Fra l’altro, notano alcuni studiosi, l’obbligo di scelta fra le sei religioni riconosciute ha indotto milioni di cittadini indonesiani a definirsi ufficialmente “musulmani”, mentre, di fatto, seguono e praticano culti tradizionali indigeni. Eliminare l’obbligatorietà, dunque, potrebbe ridefinire il volto religioso della nazione indonesiana oggi.
“Per la crescita futura dell’Indonesia occorre avere il coraggio di modificare una norma ormai desueta” ha detto Purnama, ricordando che in tal modo si potranno eliminare le discriminazioni che spesso subiscono i cittadini non musulmani, anche in scuole e posti di lavoro pubblici. (PA) (Agenzia Fides 22/5/2015)
Tjahjo, membro dell’esecutivo del Presidente Joko Widodo, ha riferito che uno dei motivi principali per il cambio della regola è avere la precisa informazione dei riti funerari da osservare in caso di morte di una persona.
“Non bisogna forzare le persone, ad esempio, a scegliere l'Islam se la loro fede assomiglia insegnamenti islamici ma non è la stessa”, ha detto Tjahjo, spiegando che il suo ministero ha vagliato consigli e input da diversi leader, forum e enti religiosi, come Consiglio degli Ulema indonesiani e il Ministero degli affari religiosi, prima di giungere a questa decisione.
Pur se presentata come una “mossa amministrativa”, si tratta di un grande passo avanti in nome della libertà religiosa per gli indonesiani di tutte le fedi. Alfiere di tale modifica è stato Basuki Tjahaja Purnama, politico cristiano, governatore del distretto della capitale Giacarta. Fra l’altro, notano alcuni studiosi, l’obbligo di scelta fra le sei religioni riconosciute ha indotto milioni di cittadini indonesiani a definirsi ufficialmente “musulmani”, mentre, di fatto, seguono e praticano culti tradizionali indigeni. Eliminare l’obbligatorietà, dunque, potrebbe ridefinire il volto religioso della nazione indonesiana oggi.
“Per la crescita futura dell’Indonesia occorre avere il coraggio di modificare una norma ormai desueta” ha detto Purnama, ricordando che in tal modo si potranno eliminare le discriminazioni che spesso subiscono i cittadini non musulmani, anche in scuole e posti di lavoro pubblici. (PA) (Agenzia Fides 22/5/2015)
ASIA/NEPAL - Un programma radiofonico di sostegno ai bambini traumatizzati dal terremoto
Kathmandu (Agenzia Fides) – Gli effetti del catastrofico terremoto che ha devastato il Nepal lo scorso 25 maggio continuano a manifestarsi nel terrore dei tanti bambini che lo hanno subito e sono sopravvissuti. Di fronte all’ospedale di Dhading, a Dhadingbesi, l’Unicef ha allestito due tende da campo dove accogliere i tanti feriti che continuano a cercare aiuti. Tra le iniziative l’ong ha lanciato il programma radiofonico Bhandai Sundai, nel quale i genitori preoccupati per i continui attacchi di panico dei rispettivi figli, espongono i loro problemi e ascoltano gli esperti. L’edizione pomeridiana, concentrata a dare sostegno psicosociale ai piccoli colpiti dal terremoto, è condotta da psicologi e specialisti i quali, rivolgendosi ai genitori che chiamano la redazione, danno suggerimenti, consigli come quello di tenere i bambini impegnati in giochi o attività di gruppo. Il programma radiofonico è stato accolto con entusiasmo anche dai nepalesi che vivono in altre zone del Paese, fortunatamente non colpite dal sisma. Attori, sportivi, personalità del Nepal e altri personaggi pubblici hanno chiesto di poter prendere parte al programma per risollevare gli animi dei milioni di bambini rimaste vittime del terremoto. (AP) (22/5/2015 Agenzia Fides)
AMERICA/COLOMBIA - Nella tragedia una luce di vita: celebrati i funerali di 33 degli 84 morti per la frana a Salgar
Salgar (Agenzia Fides) – Il comune di Salgar, devastato tra il 18 e 19 maggio da una enorme frana causata da un’alluvione che ha lasciato 84 morti, ha celebrato ieri in forma comunitaria i funerali di 33 vittime. Lunedì 18 maggio infatti dalla gola "La Liboriana" è venuta giù una valanga così grande che ha raso al suolo il villaggio di Las Margaritas e colpito tre distretti nel perimetro urbano di Salgar, dipartimento di Antioquia (Colombia). Salgar si trova 265 km a nord ovest di Bogotà
I funerali sono stati celebrati nella piazza principale della città di Salgar dal Vescovo di Jerico, Sua Ecc. Mons.Noel Antonio Londoño Buitrago, C.SS.R., con la partecipazione di migliaia di persone, che hanno perso amici e parenti. Tra i presenti al funerale c'erano il governatore di Antioquia, Sergio Fajardo; l'ex presidente e senatore Alvaro Uribe, e il capo della polizia, il generale Rodolfo Palomino.
In mezzo alla tragedia c'è stata una luce di vita, un simbolo di vita, ha notato Mons. Londoño durante l'omelia, perché è stato salvato un bambino di appena 11 mesi, sopravvissuto al disastro. E’ stato trovato circondato da fango, bastoni e pietre, a cinque chilometri dal punto in cui si trovava casa sua.
Il Dipartimento Amministrativo di prevenzione dei disastri (Dapard) di Antioquia ha reso noto un primo bilancio della tragedia: 84 morti, 57 feriti, un numero non definito di dispersi, centinaia di senzatetto. Le agenzie di soccorso stanno lavorando per trovare i dispersi, ma le possibilità di trovare qualcuno vivo sono poche. Attraverso il Segretario di Stato vaticano, Cardinale Pietro Parolin, Papa Francisco ha espresso solidarietà alla Colombia e alle vittime di Salgar e ha offerto "preghiere al Signore per l'eterno riposo dei defunti". (CE) (Agenzia Fides, 22/05/2015)
I funerali sono stati celebrati nella piazza principale della città di Salgar dal Vescovo di Jerico, Sua Ecc. Mons.Noel Antonio Londoño Buitrago, C.SS.R., con la partecipazione di migliaia di persone, che hanno perso amici e parenti. Tra i presenti al funerale c'erano il governatore di Antioquia, Sergio Fajardo; l'ex presidente e senatore Alvaro Uribe, e il capo della polizia, il generale Rodolfo Palomino.
In mezzo alla tragedia c'è stata una luce di vita, un simbolo di vita, ha notato Mons. Londoño durante l'omelia, perché è stato salvato un bambino di appena 11 mesi, sopravvissuto al disastro. E’ stato trovato circondato da fango, bastoni e pietre, a cinque chilometri dal punto in cui si trovava casa sua.
Il Dipartimento Amministrativo di prevenzione dei disastri (Dapard) di Antioquia ha reso noto un primo bilancio della tragedia: 84 morti, 57 feriti, un numero non definito di dispersi, centinaia di senzatetto. Le agenzie di soccorso stanno lavorando per trovare i dispersi, ma le possibilità di trovare qualcuno vivo sono poche. Attraverso il Segretario di Stato vaticano, Cardinale Pietro Parolin, Papa Francisco ha espresso solidarietà alla Colombia e alle vittime di Salgar e ha offerto "preghiere al Signore per l'eterno riposo dei defunti". (CE) (Agenzia Fides, 22/05/2015)
AMERICA/BRASILE - Raccolte più di 630 mila firme per la Riforma politica ed elezioni pulite
Brasilia (Agenzia Fides) – Nella Giornata nazionale di mobilitazione contro la costituzionalizzazione della corruzione, oltre duemila persone hanno partecipato all'atto culturale e alla marcia a favore della riforma politica democratica. La manifestazione, organizzata dalla Coalizione per la riforma politica democratica ed elezioni pulite, ha avuto luogo mercoledì 20 maggio, a Brasilia. La marcia è partita dalla Cattedrale verso la sede del Congresso Nazionale, per la consegna delle firme raccolte a favore della riforma politica democratica. In tutto sono state consegnate 630.089 firme (vedi Fides 25/02/2015). La raccolta prosegue con l'obiettivo di raggiungere 1milione e mezzo di firme.
“Mai perdere la speranza” ha esortato il Vescovo ausiliare di Belo Horizonte e Presidente del Comitato per il monitoraggio della riforma politica della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), Sua Ecc. Mons. Joaquim Mol. "Far vedere al Congresso che ci sono più di 600 mila firme, vuol dire che la volontà del popolo brasiliano è di cambiare. La democrazia brasiliana è l'unica strada da seguire se le imprese vengono eliminate definitivamente dalla politica" ha sottolineato Mons. Mol. Uno dei principali obiettivi dell'iniziativa è di intraprendere una profonda riforma politica vietando il finanziamento delle campagne elettorali da parte delle imprese.
(CE) (Agenzia Fides, 22/05/2015)
“Mai perdere la speranza” ha esortato il Vescovo ausiliare di Belo Horizonte e Presidente del Comitato per il monitoraggio della riforma politica della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), Sua Ecc. Mons. Joaquim Mol. "Far vedere al Congresso che ci sono più di 600 mila firme, vuol dire che la volontà del popolo brasiliano è di cambiare. La democrazia brasiliana è l'unica strada da seguire se le imprese vengono eliminate definitivamente dalla politica" ha sottolineato Mons. Mol. Uno dei principali obiettivi dell'iniziativa è di intraprendere una profonda riforma politica vietando il finanziamento delle campagne elettorali da parte delle imprese.
(CE) (Agenzia Fides, 22/05/2015)
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