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lunedì 20 gennaio 2020

Agenzia Fides 20 gennaio 2020

AFRICA/NIGERIA - “Siamo sotto assedio” afferma l’Arcivescovo di Kaduna dove sono stati rapiti 4 seminaristi
 
Abuja (Agenzia Fides) - “Nessun altro Paese può tollerare questi livelli di insicurezza senza che si scatenino proteste di massa. Sicuramente il nostro paese è sotto assedio” ha affermato Sua Ecc. Mons. Matthew Man-oso Ndagoso, Arcivescovo di Kaduna, in Nigeria, l’arcidiocesi dove la sera dell’8 gennaio quattro seminaristi sono stati rapiti nel Seminario Maggiore “Buon Pastore” di Kakau lungo l'autostrada Kaduna-Abuja (vedi Fides 13/1/2020). “Quello dei seminaristi è il terzo rapimento di personale ecclesiastico avvenuto nella nostra diocesi” ha ricordato l’Arcivescovo. “Non riesco a dormire al pensiero delle condizione che stanno vivendo i quattro studenti” ha aggiunto Mons. Ndagoso.
“Le persone non riescono più a dormire con due occhi chiusi, eppure i nostri leader hanno il coraggio di dire che c'è sicurezza nel Paese” sottolinea Mons. Ndagoso, che aggiunge che la popolazione sembra essere rassegnata all’insicurezza crescente. “Penso che ora le persone sembrano aver rinunciato alla sicurezza perché non c'è niente che possano fare, si sono semplicemente rassegnate al destino”.
L’Arcivescovo si chiede come mai non si riesca a ristabilire la sicurezza nell’area perché “con le tecnologie di sicurezza avanzate sviluppate nel 21° secolo, non c'è nessun posto al mondo, nemmeno sott'acqua, che i criminali non possano essere rintracciati”. “Ma le agenzie di sicurezza continuano a dire che hanno il controllo della situazione”.
Dopo aver affermato che “sono state rafforzate le misure di sicurezza nel seminario, “al fine di proteggere gli altri studenti”, Mons. Ndagoso conclude: “continueremo a pregare per i seminaristi rapiti, fino a quando non saranno liberati. Continuiamo a sperare che Dio converta coloro che stanno dietro l'insicurezza in questo Paese”. (L.M.) (Agenzia Fides 20/1/2020)
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ASIA/PAKISTAN - Chiuse le celebrazioni degli 800 anni dell'incontro tra San Francesco e il Sultano: un impegno di pace in Pakistan
 
Lahore (Agenzia Fides) - Con una lettura congiunta di brani della Sacra Bibbia e del Corano, si è tenuta nei giorni scorsi a Lahore la cerimonia di chiusura delle celebrazioni che commemorano gli 800 anni dal colloquio tra San Francesco d'Assisi e il Sultan Al-Kamil, avvenuto nel 1219: l'ottavo centenario di quello storico incontro ha avuto vasta eco in Pakistan nel corso di tutto il 2019. A Lahore si è celebrata la chiusura dello speciale Giubileo, in un incontro alla presenza di numerosi leader cristiani e musulmani.
Come appreso da Fides, tra i presenti, l'Arcivescovo Christophe Zakhia El-Kassis, Nunzio Apostolico in Pakistan, ha sottolineato che "l'incontro di San Francesco d'Assisi con il Sultano si è verificato in una atmosfera di paura e pericolo, ma quella paura si è trasformata in dialogo che ha portato alla pace e all'amicizia". "Possiamo imparare a promuovere la pace e la coesistenza da San Francesco d'Assisi e dal Sultano", ha aggiunto, promettendo "sostegno per la promozione della pace, dell'armonia, della tolleranza nella società" e trasmettendo i saluti di Papa Francesco.
Accanto a lui, mons. Sebastian Francis Shaw, Arcivescovo di Lahore e Presidente della Commissione nazionale per il dialogo interreligioso e l'ecumenismo, nella Conferenza episcopale cattolica del Pakistan, ha concordato, affermando che "è necessario accettarsi l'un l'altro nella società, come hanno fatto San Francesco d'Assisi e il Sultan Al-Kamil, per promuovere una convivenza pacifica".
Tra le autorità civili, Ijaz Alam Augustine, Ministro provinciale per i diritti umani e le minoranze e Ministro del dialogo interreligioso in Punjab, ha dichiarato di "apprezzare la significativa cerimonia" notando che "il governo promuove la tolleranza e l'armonia nella società e intende continuare a sviluppare una politica di pace e armonia interreligiosa al fine di promuovere lo spirito di convivenza nella società".
Numerosi leader religiosi musulmani e indù hanno partecipato a questa cerimonia, assicurando il loro impegno "a sostenere la causa dell'umanità per una società prospera e armoniosa in Pakistan, tenendo presente l'iniziativa di pace vissuta secoli fa da San Francesco d'Assisi e del Sultano".
Nell'assemblea vi erano studenti di diverse scuole che hanno presentato una performance teatrale ispirata alla preghiera di pace di San Francesco d'Assisi e al brano nazionale pakistano "Is percham k saye talay eik hain - Siamo una cosa sola". I giovani dello studentato francescano Cappuccino a Lahore hanno presentato una drammatizzazione dell'incontro di San Francesco d'Assisi con il Sultano. La cerimonia si è conclusa con un solenne impegno da parte di tutti i presenti a essere "strumenti e operatori di pace in Pakistan". (PA) (Agenzia Fides 20/1/2020)
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AMERICA/MESSICO - Il Vescovo di Tapachula: dinanzi alla posizione ufficiale ambigua ed esitante, “vedere, sentire e trattare i migranti come fratelli”
 
Tapachula (Agenzia Fides) – “Tutti coloro che fanno parte di questa famiglia diocesana di Tapachula, ognuno secondo le sue possibilità e responsabilità, assicurino che a questi fratelli migranti non manchi un pezzo di pane, non vengano violentati o aggrediti nel passaggio attraverso la nostra diocesi, non ricevano manifestazioni di rifiuto né di disprezzo e sentano, nonostante le circostanze avverse, di camminare tra fratelli e come fratelli, non come estranei, né avventurieri, né criminali, né esiliati, né disprezzati. Dio ricompenserà lo sforzo di tutti di vederli, sentirli e trattarli come fratelli. Proprio come vorremmo che i nostri connazionali irregolari venissero trattati negli Stati Uniti”. E’ l’appello rivolto da Mons. Jaime Calderón Calderón, Vescovo di Tapachula, ai sacerdoti, ai seminaristi, alle religiose e ai laici della sua diocesi, dopo le notizie riguardanti una nuova consistente carovana di emigrati dell’Honduras che si sta muovendo per raggiungere gli Stati Uniti d’America.
“Le dichiarazioni del governo federale e il silenzio del governo statale ci fanno vedere che la posizione ufficiale è, come in altre occasioni, ambigua ed esitante” denuncia il Vescovo nel suo messaggio pervenuto a Fides, intitolato “Responsabilità e amore per i nostri fratelli”, non avendo certezza che la carovana dei migranti possa attraversare il confine, raggiungere Tapachula o proseguire oltre lo stato del Chiapas. “Data questa incertezza, ma consapevoli del nostro dovere cristiano di battezzati figli di Dio - Padre di tutti senza differenze o distinzioni - sentiamo il dovere di mostrare il nostro pensiero con semplicità, chiarezza e determinazione in relazione ai fratelli che vengono con la carovana” prosegue Mons. Jaime Calderón Calderón.
Il Vescovo ricorda che la famiglia diocesana di Tapachula “si è sempre distinta per essere una Chiesa locale fraterna e solidale che, dalla sua povertà, è sempre stata attenta a mostrare il volto misericordioso di Dio, essendo ospitale con i fratelli migranti”. Il suo volto è quello del buon samaritano, quindi “ci assicureremo sempre che, di passaggio o in una permanenza temporanea o stabile nel nostro territorio diocesano, i fratelli migranti non accumulino altre sofferenze oltre a quelle che comporta una strada lunga, tortuosa, accidentata, insicura e violenta”.
Nel suo comunicato il Vescovo assegna alle diverse comunità, coordinate dalla Commissione di emergenza e dai Vicari foranei, il compito di assistere i migranti che attraversano il territorio diocesano, invocando Dio “di aiutarci, ancora una volta, a fare questo lavoro con un alto senso di responsabilità e di amore per i nostri fratelli”. (SL) (Agenzia Fides 20/1/2020)
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AMERICA/COLOMBIA - “Non stiamo più vivendo un'emergenza, ma una situazione di sopravvivenza sociale” denuncia Mons. Darío de Jesús Monsalve
 
Cali (Agenzia Fides) –"Ho invitato diplomatici e rappresentanti di organizzazioni internazionali, come le Nazioni Unite e altri, a offrire la loro sede come protezione e rifugio” a quanti denunciano i responsabili degli attacchi contro leader sociali e difensori dei diritti umani in Colombia: lo ha detto Mons. Darío de Jesús Monsalve, Arcivescovo di Cali. "Dovete sapere – prosegue l’Arcivescovo nella nota inviata a Fides -, che all'interno del territorio nazionale non ci sono garanzie per proclamare la verità. Se credete che una sede diplomatica fuori del paese possa essere utile, spero che sarete accolti con favore, perché ciò che la Colombia sta vivendo non è più un'emergenza ma una situazione di sopravvivenza sociale, per garantire che la vita sia sostenuta in mezzo a così tante minacce".
Le dichiarazioni di Mons. Monsalve sono state fatte durante un atto civile e religioso della comunità di Cali per commemorare il giudice Alcibíades Libreros, assassinato alla fine di dicembre, che era il giudice responsabile di importanti indagini sul crimine organizzato. Secondo il Presule, dal momento che nel paese non ci sarebbero garanzie, le denunce dei responsabili degli attacchi ai leader sociali e ai difensori dei diritti umani, potrebbero essere fatte nei consolati situati in altri paesi e persino con l'accompagnamento di qualche ong. Il numero di leader sociali assassinati nel 2020 appena iniziato è di almeno 17 (vedi Fides 17/01/2020).
Allo stesso modo, l'Arcivescovo di Cali, ha affermato che gli assassini di pubblici ministeri, leader sociali ed ex combattenti dovrebbero essere indagati come una priorità, altrimenti si può ipotizzare una complicità in un settore dello stesso Stato.
La violenza in Colombia, specie contro leader sociali e giudici, è aumentata negli ultimi mesi, al punto che la Conferenza Episcopale ha chiesto pubblicamente il rispetto per la vita di ogni persona, "vita che è sacra", e di mettere fine agli omicidi e alle azioni violente "contro i nostri fratelli e sorelle" (vedi Fides 17/01/2020), in modo particolare nei dipartimenti di Chocó, Cauca, Valle del Cauca, Norte de Santander, Nariño e Arauca.
(CE) (Agenzia Fides, 20/01/2020)
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OCEANIA/PAPUA NUOVA GUINEA - Giubileo della beatificazione di Peter ToRot, un esempio per tutti
 
Kavieng (Agenzia Fides) – “La difesa del sacramento del matrimonio come via di santità coniugale è stata la motivazione principale che ha condotto alla beatificazione di Peter ToRot” ha detto mons. Rochus Tatamai MSC, Vescovo di Kavieng - Lorengau e presidente della Conferenza Episcopale di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, in occasione della celebrazione del Giubileo d’argento del Beato e martire, innalzato alla gloria degli altari 25 anni fa, laico e primo beato della Papua Nuova Guinea.
Nella sua omelia il Vescovo, che è anche nipote del beato, ha parlato a lungo della vita e del martirio di Peter ToRot, additandolo a tutti i fedeli come “esempio di vita cristiana” da seguire. Dalla sua storia e dalla sua vicenda il Vescovo ha tratto spunti utili per i catechisti, parlando del sacramento del matrimonio e della vita familiare, e soffermandosi sui rapporti tra fede e cultura.
La messa del Giubileo è stata un momento di grande devozione e partecipazione di fedeli: il coro e un gruppo di giovani donne hanno guidato la processione dell'offertorio con una danza e una melodia tradizionali delle Isole Duke of York, nella provincia della Nuova Britannia orientale. Tra i partecipanti anche un consistente gruppo di fedeli delle parrocchie dell'arcidiocesi di Port Moresby e membri di varie congregazioni religiose. Le celebrazioni principali del Giubileo si sono svolte nel villaggio di Rakunai venerdì 17 gennaio 2020, sono state coordinate dalla “Blessed Peter ToRot Foundation Inc”, una organizzazione laica fondata nel 1996 per promuovere la vita e il lavoro del Beato e per sostenere l'Arcivescovo di Rabaul nella causa della canonizzazione.
La presenza e il messaggio del Beato ha anche varcato i confini della Papua Nuova Guinea ed è giunto in Australia: il 19 gennaio il Cardinale Ribat ha benedetto una cappella dedicata a Peter ToRot nel Santuario di Nostra Signora Aiuto dei Cristiani, nella Marian Valley, a Brisbane.
Il beato Peter ToRot, catechista del villaggio di Rakunai nella penisola di Gazelle, provincia orientale della Nuova Britannia, fu ucciso dai giapponesi nel 1945, verso la fine della Seconda guerra mondiale, per essersi rifiutato di interrompere le sue attività di catechista e testimone della fede. In particolare ToRot difese la santità del matrimonio, sfidando così la pratica della poligamia, autorizzata dai giapponesi. Papa Giovanni Paolo II lo dichiarò ufficialmente martire per la fede il 17 gennaio 1995 nel corso della cerimonia di beatificazione a Port Moresby. (AP) (20/1/2020 Agenzia Fides)
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AFRICA/MADAGASCAR - Nomina del Rettore del Seminario filosofico “Saint Paul Apotre” ad Antsirabé
 
Città del Vaticano (Agenzia Fides) – Il Card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il 1 marzo 2019 ha nominato Rettore del Seminario maggiore filosofico interdiocesano “Saint Paul Apotre” nella diocesi di Antsirabé, in Madagascar, il rev. Jean Nicolas Rakotojaona, del clero arcidiocesano di Antananarivo.
Il nuovo Rettore è nato il 18 gennaio 1973 ad Anosy Avaratra ed è stato ordinato sacerdote il 3 agosto 2002 a Faliarivo Ambanidia. Si è formato presso il Seminario minore e quello propedeutico di Ambohipo, quindi ha studiato filosofia al Seminario maggiore “Saint Paul Apotre” di Antsirabé e teologia al Seminario maggiore Sainte Thérèse de l’Enfant Jésus a Faliarivo. Ha proseguito gli studi all’Università cattolica del Madagascar e all’Università di Friburgo, conseguendo la laurea in Filosofia e il dottorato in teologia. Dopo l’ordinazione è stato impegnato nella pastorale parrocchiale, professore in diversi seminari e nei corsi di formazione per i laici. Dal 2017 era Vicerettore del Seminario “Saint Paul Apotre” di cui è stato nominato Rettore. (SL) (Agenzia Fides 20/1/2020)

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