collegamento orari cp

lunedì 24 maggio 2010

Radiovaticana, il Papa e la solennità di pentecoste

La Chiesa non impone l’unità, come vuole il modello di Babele con l'imposizione di una cultura dell'unità. La Chiesa è una e molteplice perché l’unità dello Spirito si manifesta nella pluralità della comprensione: è quanto ha detto il Papa, stamani, nella Messa da lui presieduta nella Solennità di Pentecoste nella Basilica Vaticana. Il servizio di Sergio Centofanti.
La Chiesa nel giorno di Pentecoste invoca con forza il dono dello Spirito Santo, un dono – afferma il Papa - che “Gesù ha chiesto e continuamente chiede al Padre per i suoi amici; il primo e principale dono che ci ha ottenuto con la sua Risurrezione e Ascensione al Cielo”. Ma quali sono gli effetti dello Spirito Santo?
“Là dove ci sono lacerazioni ed estraneità, essa crea unità e comprensione. Si innesca un processo di riunificazione tra le parti della famiglia umana, divise e disperse; le persone, spesso ridotte a individui in competizione o in conflitto tra loro, raggiunte dallo Spirito di Cristo, si aprono all’esperienza della comunione, che può coinvolgerle a tal punto da fare di loro un nuovo organismo, un nuovo soggetto: la Chiesa. Questo è l’effetto dell’opera di Dio: l’unità; perciò l’unità è il segno di riconoscimento, il ‘biglietto da visita’ della Chiesa nel corso della sua storia universale”.
La Chiesa – sottolinea Benedetto XVI – fin dal giorno di Pentecoste “parla tutte le lingue”: è nello stesso tempo “una e molteplice” essendo costituita dalla duplice dimensione di “unità e universalità”. Da qui deriva “un criterio pratico di discernimento per la vita cristiana”:
“Quando una persona, o una comunità, si chiude nel proprio modo di pensare e di agire, è segno che si è allontanata dallo Spirito Santo. Il cammino dei cristiani e delle Chiese particolari deve sempre confrontarsi con quello della Chiesa una e cattolica, e armonizzarsi con esso. Ciò non significa che l’unità creata dallo Spirito Santo sia una specie di egualitarismo. Al contrario, questo è piuttosto il modello di Babele, cioè l’imposizione di una cultura dell’unità che potremmo definire “tecnica”. La Bibbia, infatti, ci dice (cfr Gen 11,1-9) che a Babele tutti parlavano una sola lingua. A Pentecoste, invece, gli Apostoli parlano lingue diverse in modo che ciascuno comprenda il messaggio nel proprio idioma. L’unità dello Spirito si manifesta nella pluralità della comprensione”.
La Chiesa guarda oltre gli orizzonti geografici e “supera muri e barriere”:
“La Chiesa non rimane mai prigioniera di confini politici, razziali e culturali; non si può confondere con gli Stati e neppure con le Federazioni di Stati, perché la sua unità è di genere diverso e aspira ad attraversare tutte le frontiere umane”.
Il Papa ricorda che a Pentecoste lo Spirito Santo si manifesta come fuoco che dà ai discepoli “il nuovo ardore di Dio” per rinnovare la faccia della terra:
“Com’è diverso questo fuoco da quello delle guerre e delle bombe! Com’è diverso l’incendio di Cristo, propagato dalla Chiesa, rispetto a quelli accesi dai dittatori di ogni epoca, anche del secolo scorso, che lasciano dietro di sé terra bruciata. Il fuoco di Dio, il fuoco dello Spirito Santo, è quello del roveto che divampa senza bruciare (cfr Es 3,2). E’ una fiamma che arde, ma non distrugge; che, anzi, divampando fa emergere la parte migliore e più vera dell’uomo, come in una fusione fa emergere la sua forma interiore, la sua vocazione alla verità e all’amore”.
E’ un fuoco che “arde ma non brucia”, operando una trasformazione: deve infatti “consumare qualcosa nell’uomo, le scorie che lo corrompono e lo ostacolano nelle sue relazioni con Dio e con il prossimo. Questo effetto del fuoco divino – spiega il Papa - ci spaventa, abbiamo paura di essere ‘scottati’, preferiremmo rimanere così come siamo”:
“Ciò dipende dal fatto che molte volte la nostra vita è impostata secondo la logica dell’avere, del possedere e non del donarsi. Molte persone credono in Dio e ammirano la figura di Gesù Cristo, ma quando viene chiesto loro di perdere qualcosa di se stessi, allora si tirano indietro, hanno paura delle esigenze della fede. C’è il timore di dover rinunciare a qualcosa di bello, a cui siamo attaccati; il timore che seguire Cristo ci privi della libertà, di certe esperienze, di una parte di noi stessi. Da un lato vogliamo stare con Gesù, seguirlo da vicino, e dall’altro abbiamo paura delle conseguenze che ciò comporta”.
Il Papa ripete l’esortazione di Gesù ai discepoli:
“’Non abbiate paura’. Come Simon Pietro e gli altri, dobbiamo lasciare che la sua presenza e la sua grazia trasformino il nostro cuore, sempre soggetto alle debolezze umane. Dobbiamo saper riconoscere che perdere qualcosa, anzi, se stessi per il vero Dio, il Dio dell’amore e della vita, è in realtà guadagnare, ritrovarsi più pienamente. Chi si affida a Gesù sperimenta già in questa vita la pace e la gioia del cuore, che il mondo non può donare, e non può nemmeno togliere una volta che Dio ce le ha donate. Vale dunque la pena di lasciarsi toccare dal fuoco dello Spirito Santo!”
“Il dolore che ci procura è necessario alla nostra trasformazione. E’ la realtà della croce” – prosegue il Papa – è il “mistero della croce, senza il quale non esiste cristianesimo”. Benedetto XVI conclude la sua omelia con l’invocazione allo Spirito:

 
“Vieni, Spirito Santo! Accendi in noi il fuoco del tuo amore! Sappiamo che questa è una preghiera audace, con la quale chiediamo di essere toccati dalla fiamma di Dio; ma sappiamo soprattutto che questa fiamma – e solo essa – ha il potere di salvarci. Non vogliamo, per difendere la nostra vita, perdere quella eterna che Dio ci vuole donare. Abbiamo bisogno del fuoco dello Spirito Santo, perché solo l’Amore redime. Amen”.

 
(canto)

 
Dopo la Messa in Basilica, il Papa ha guidato il Regina Coeli dalla finestra del suo studio privato. Decine di migliaia i fedeli presenti in Piazza San Pietro in una stupenda giornata di sole. Benedetto XVI ha sottolineato che la Chiesa “vive costantemente della effusione dello Spirito Santo” e conosce innumerevoli “pentecoste”, come il Concilio Vaticano II. “Non c’è dunque Chiesa senza Pentecoste” – ha detto - e “non c’è Pentecoste senza la Vergine Maria” come hanno mostrato gli incontri nel suo recente viaggio a Fatima, dove un’immensa moltitudine si è radunata in preghiera con “un cuore solo e un’anima sola”. Il Papa ha rinnovato quindi la sua preghiera, “in quest’Anno Sacerdotale, per tutti i ministri del Vangelo, affinché il messaggio della salvezza sia annunciato a tutte le genti”.

 
Ha poi ricordato che ieri, a Benevento, è stata proclamata Beata Teresa Manganiello, fedele laica, appartenente al Terz’Ordine Francescano. La Messa è stata presieduta dall'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Undicesima figlia di una famiglia di contadini, vissuta nell’Ottocento, ha trascorso “una vita semplice e umile, tra le faccende di casa e l’impegno spirituale nella chiesa dei Cappuccini”:

 
“Come san Francesco d’Assisi cercava di imitare Gesù Cristo offrendo sofferenze e penitenze per riparare i peccati, ed era piena di amore per il prossimo: si prodigava per tutti, specialmente per i poveri e i malati. Sempre sorridente e dolce, a soli 27 anni è partita per il Cielo, dove già il suo cuore abitava. Rendiamo grazie a Dio per questa luminosa testimone del Vangelo!”

 
Il Papa ha ricordato anche che domani 24 maggio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, si celebra la Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina:

 
“Mentre i fedeli che sono in Cina pregano affinché l'unità tra di loro e con la Chiesa universale si approfondisca sempre di più, i cattolici nel mondo intero - specialmente quelli che sono di origine cinese - si uniscono a loro nell’orazione e nella carità, che lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori particolarmente nella solennità odierna”.
 
Infine, ha rivolto il suo saluto ai membri del Movimento per la Vita, che “promuove la cultura della vita e concretamente aiuta tante giovani donne a portare a termine una gravidanza difficile”:

 
“Cari amici, con voi ricordo le parole della Beata Teresa di Calcutta: ‘Quel piccolo bambino, nato e non ancora nato, è stato creato per una grande cosa: amare ed essere amato’”.

Nessun commento:

Posta un commento

Foglio della Collaborazione Pastorale Di San Giorgio di Nogaro

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo 24 novembre 2024

  XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B) Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo Grado della Celebrazione: SOLENNITA' Color...