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martedì 13 luglio 2010

Omelia dell’arcivescovo di Udine, mons. Andrea Bruno Mazzocato



Santa Messa in occasione della festa liturgica dei santi Ermacora e Fortunato,
patroni dell’arcidiocesi e della citta’ di Udine.
(Cattedrale, 12 luglio 2010, ore 10.30)
La celebrazione dei santi Patroni Ermacora e Fortunato ci fa ripercorrere il nostro passato
fino a giungere al tempo in cui iniziata la storia della nostra Arcidiocesi.
Attraverso le rotte marittime tra oriente e occidente e le vie consolari romane, giunse
anche nella grande città di Aquileia una Parola nuova, la parola del Vangelo di Gesù. La
portarono persone che erano state conquistate dalla Parola del Signore, vi avevano
creduto e ne parlavano con una convinzione tale che a volte giungeva al martirio. Quei
primi missionari erano donne e uomini comuni, senza peso sociale o politico, per cui i loro
discorsi avrebbero dovuto perdersi in mezzo alla vita frenetica e al frastuono della grande
città di Aquileia.
Ma non successe così. Le parole del Vangelo si diffusero in modo incontenibile anche
quando il potere politico tentò di soffocarle martirizzando i missionari. Esse non erano
deboli parole di una dottrina umana ma erano Parola di Dio che veniva seminata in mezzo
agli uomini e aveva in sé la forza divina di convincere, cambiare le mentalità, trasformare i
cuori.
Tra i primi missionari del Vangelo c’era Ermacora che fu consacrato Vescovo per guidare
la piccola comunità formata da coloro che avevano accolto con fede la parola del Vangelo
e avevano deciso di vivere non più da pagani ma come Gesù insegnava.
Come sappiamo, quella prima comunità cristiana crebbe velocemente non solo in Aquileia
ma nel territorio circostante fino alle più lontane vallate nelle quali troviamo ancora
antichissime chiese e battisteri.
La parola del Vangelo ha cambiato il volto di questa terra e delle sue popolazioni. Vi ha
piantato la Chiesa e ha forgiato la mentalità, la cultura, l’identità del popolo friulano.
S. Ermacora, primo vescovo di Aquileia martirizzato con il suo diacono Fortunato, ci
ricorda oggi una verità storica. Noi ci sentiamo giustamente eredi della fede e della cultura
della Chiesa di Aquileia. Ma in che cosa consiste questa eredità? La vera eredità sono le
parole del Vangelo di Gesù seminate dentro la città pagana di Aquileia, senza le quali, inFriuli, non ci sarebbe stata la Chiesa con tutto ciò che ha significato e significa; non ci sarebbero stati quei valori che sono la nostra civiltà e identità. Questa è la verità storica e incontrovertibile che i Santi Patroni ci ricordano.
Proprio per invitare tutti a non perdere la grande eredità di Aquileia ho scritto una Lettera
pastorale dal titolo: «“Ascolta, figlio le mie parole”. Per essere una Chiesa guidata dalla
Parola di Dio». Invito le comunità e i singoli cristiani a trovare il tempo per ascoltare,
leggere e meditare la Sacra Scrittura e, in particolare, il Vangelo. Nella Sacra Scrittura –
che abbiamo tradotto anche nella nostra lingua friulana – è contenuta la Parola di Dio che
costituisce la vera eredità di Aquileia. Se la perdiamo di vista ci disorientiamo dentro una
babele di discorsi e di immagini che passano velocemente e che generano
quell’incertezza di fondo che chiamiamo soggettivismo o relativismo.
Senza la luce del Vangelo ci disorientiamo quando ci troviamo a vivere esperienze
dolorose e drammatiche che pongono le questioni più gravi che la nostra civiltà è chiamata
oggi ad affrontare.
Non possiamo più evitare di interrogarci, nemmeno qui a Udine, su cosa significhi
rispettare la vita umana dal suo concepimento alla sua morte terrena, su quale sia la
giusta solidarietà verso una persona che ha sempre diritto alla sua vita anche in stato di
estrema debolezza, su come si accompagna un essere umano verso la morte fisica con la
consapevolezza che non sta sparendo nel nulla ma sta andando verso la vita eterna, sul
valore intangibile della differenza sessuale di maschio e femmina grazie alla quale avremo
ancora famiglie e figli per il nostro futuro.
Il Vangelo, interpretato anche dal Magistero della Chiesa, è la luce indispensabile per
comprendere bene queste gravi questioni e per affrontarle con la giusta responsabilità. E,
permettete che aggiunga, per affrontarle anche con il giusto stile e linguaggio.
Quando tocchiamo il mistero della vita, della morte, della dignità della persona e
dell’amore umano siamo chiamati ad un rispetto che chiede un modo di esprimersi
delicato, dignitoso, sobrio. Purtroppo nei mezzi di comunicazione assistiamo ad una triste
tendenza, a trattare in modo banale – per non dire sguaiato – i misteri più grandi e delicati
dell’esistenza umana. Il popolo friulano può dare esempio di serietà e nobiltà grazie alla
sua grande eredità cristiana che ha formato le coscienze. In questo abbiamo anche un
dovere di giustizia verso i figli che crescono in mezzo a noi e che respirano ogni giorni lo
stile, gli interessi, i modi di fare e di esprimersi che caratterizzano la nostra città e i nostri
paesi.
Permettete che aggiunga un’ultima riflessione. La luce del Vangelo ha sempre reso
sensibile il cuore dei cristiani e li ha aiutati a sentire la voce flebile di chi è debole e ad
accorgersi di chi sta nell’ombra per povertà o disagio sociale. Anche questa è una grande
eredità che ha suscitato, anche in questa terra, santi della carità e va tenuta viva nella
nostra città e nel nostro popolo friulano.
In questo tempo di crisi sono aumentati i poveri anche tra di noi: famiglie improvvisamente
senza lavoro, giovani che patiscono disadattamenti perché non trovano prospettive
dignitose, immigrati che silenziosamente spariscono e tanti altri. Forse non li ascoltiamo e
non ne parliamo abbastanza, col rischio che chi è più sicuro pensi a garantire solo se
stesso.
L’invito di Gesù a “partire dagli ultimi” resta la prima regola di una buona programmazione
economica che assicura una vita sociale serena e solidale. Sia la guida per tutti e, in
particolare, per coloro che devono decidere per tutti la distribuzione delle risorse.
“Ascolta, figlio, le mie parole”: questo è l’invito che Dio fa ad ogni uomo. E’ l’invito che oggi
ci ripetono i santi patroni Ermacora e Fortunato e che ho pensato di riproporre a tutta la
Diocesi per il prossimo anno pastorale. Recuperiamo le parole sante di Dio e del Vangelo
e manterremo vitale la civiltà nata ad Aquileia.

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