di Andrea Tornielli
09-12-2010
Ci sono delle perle che nel flusso incessante di informazioni (e talvolta di chiacchiere) quotidiane rischiano di perdersi. Sono grato a Luigi Accattoli per averne segnalata una sul suo blog. Si tratta di un articolo di Fabrizio Caccia pubblicato sul Corriere della Sera di martedì 7 dicembre.
La notizia è legata al terribile incidente avvenuto domenica scorsa a Lamezia Terme: un ventunenne immigrato marocchino che aveva fumato cannabis ha travolto e ucciso sette ciclisti. Teresina Natalino, la moglie di Fortunato Bernardi, insegnante di ginnastica, una delle vittime, riferendosi al giovane marocchino ha detto: «Sì, io lo perdono. Perché anche mio marito, se fosse stato vivo, io lo so, avrebbe fatto la stessa cosa. Perché, sapete, per tutta la vita noi due siamo stati educatori e prima ai nostri figli e poi a tutti gli alunni delle scuole abbiamo sempre e solo insegnato la legalità, la giustizia, la non violenza. Se fosse vivo, Fortunato, direbbe lui stesso ai suoi ragazzi: adesso calma, non cercate la vendetta, non seminate odio e discordia nel paese. Sapete, io in classe a Gizzeria ho tanti alunni marocchini, tanti bambini che spero presto di rivedere e di poter riabbracciare. Ecco voglio adesso dir loro che il mio bene non è mutato e tornerò in classe senza rancore, con la voglia intatta di dialogare ancora. Noi eravamo una grande famiglia. Unita, anzi unitissima».
«Abbiamo cresciuto i figli nella fede cristiana. Ed è per questo che dico che la morte oggi non è riuscita a spezzare questo vincolo, io credo anzi che Fortunato dal cielo continuerà ad accompagnarci ogni giorno che resta nel nostro cammino terreno. Adesso mi aspetto che la giustizia faccia il suo corso, naturalmente, perché io credo nella legge e credo che vada sempre rispettata. Però quello che m’importa veramente non è tanto che il ragazzo marocchino venga punito, quanto piuttosto che egli capisca, che si renda conto, che impari qualcosa da tutto il male che ha fatto. Non conta la pena. Conta l’educazione».
L’Italia sarà un paese sempre più secolarizzato, sappiamo bene come esista un’emergenza educativa, ma questo genere di testimonianze sono vere boccate d’ossigeno. Come quella che ci arriva da Brembate, dove, nonostante l’accanimento mediatico nella ricerca di reazioni scomposte, nessuno è caduto nella trappola. Nessuno ha trasformato il (presunto) coinvolgimento nella scomparsa di Yara Gambirasio di un operaio immigrato in occasione per sfogare sentimenti razzisti. A volte il paese reale è migliore di quanto vogliono farci credere.
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